LA SENTENZA DI SECONDO GRADO
Yara, confermato in appello l'ergastolo a Bossetti
Fine pena mai. È questo il destino che i giudici della Corte d'Assise e d'Appello di Brescia hanno tracciato per Massimo Bossetti, confermando la condanna all'ergastolo emessa in primo grado per il muratore di Mapello per la morte di Yara Gambirasio. I giudici hanno dato ragione quindi al procuratore generale, Mario Martani, che aveva chiesto la conferma della sentenza emessa un anno fa dal Tribunale di Bergamo. Bossetti, alla lettura del verdetto, è rimasto impassibile. Si è commosso solo abbracciando la mamma, Ester Arzufi, prima di lasciare il Tribunale scortato dalla polizia penitenziaria. Le reazioni L'ex carpentiere di Mapello dopo la lettura della sentenza ha pianto nella gabbia degli imputati. Lo ha riferito uno dei suoi legali Claudio Salvani. Gli avvocati di Bossetti hanno aggiunto: "Questa sera si è assistito alla sconfitta del diritto. Aspettiamo le motivazioni ma il ricorso in Cassazione è scontato". Diametralmente opposto il giudizio dell'avvocato di parte civile. "Giustizia è stata fatta", ha detto Enrico Pelillo, subito dopo la sentenza della Corte d'Assise d'Appello di Brescia che ha confermato l'ergastolo nei confronti del muratore. Nessuna nuova perizia Questa notte si è dunque scritto l'ultimo atto, salvo il ricorso in Cassazione già annunciato dai legali di Bossetti, di questa lunga e intricata vicenda. Il procuratore generale, Marco Martani, ha chiesto la conferma della pena e, in più, per il reato di calunnia, per il quale Bossetti era stato assolto in primo grado, ha chiesto l'isolamento diurno per sei mesi. La difesa di Bossetti, rappresentata dagli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporino, durante la loro arringa hanno cercato di smontare la "prova regina" a carico di Bossetti, ossia il suo Dna nucleare trovato sugli slip e i leggins della ragazza. E' stata cosi' messa agli atti una foto satellitare che porta la data del 24 gennaio 2011, un mese e due giorni prima del ritrovamento del corpo di Yara nel campo di Chignolo d'Isola. "L'immagine - hanno spiegato - mostra l'esatto punto del ritrovamento del corpo della vittima che, tuttavia, parrebbe non essere identificabile". Le foto satellitari, secondo il Pg, "non provano nulla". Per l'accusa il cadavere di Yara è stato lì' per tre mesi, e il "cadavere e' stato lasciato nel luogo stesso dove è stato ucciso, e Yara è stata uccisa la sera stessa", e tutto ciò è dimostrato dall'esame autoptico che ha individuato "una serie di elementi che ci portano al campo. Non ci sono elementi, invece, che dimostrerebbero che Yara è stata uccisa in altro luogo e poi portata in quel campo. Non ci sono segni di lacci ai polsi o alle caviglie, nessuna violenza sessuale e non è mai stato richiesto un riscatto". Inoltre la risoluzione delle immagini "è tale da non permettere di vedere un cadavere. E' come trovare un ago nel pagliaio". Archiviato questo capitolo la difesa a quel punto ha chiesto di mettere agli atti video "ricostruttivi", che, tuttavia, non sono stati ammessi. Il presidente della Corte d'Assise d'Appello di Brescia, Enrico Fischetti, infatti ha gelato la richiesta dei difensori di Bossetti, spiegando: "Gli atti che avete presentato sono già poderosi, ci sono 25 faldoni pieni, avete scritto 258 pagine e 110 motivi aggiuntivi. Non saranno ammessi video che non sappiamo cosa sono, non ci interessano, non sono utili. Noi non ci lasciamo suggestionare, ma il video non ci serve". Un'attesa infinita La decisione è arrivata dopo oltre 15 ore di camera di consiglio. Ore di attesa, preoccupazione e nervosismo che la moglie, Marita Comi, la mamma Ester Arzuffi e la sorella Laura Letizia hanno passato in Tribunale, con i loro legali e i consulenti della difesa. Ad aspettare, insieme a loro, c'era anche una piccola folla di curiosi, quasi tutti innocentisti, che non si sono persi nemmeno un'udienza sia davanti al Tribunale di Bergamo che davanti ai giudici bresciani. E più la giornata andava avanti, più le speranze per Bossetti crescevano. La piccola Yara I riflettori sulla storia di Yara, che ha commosso e straziato l'Italia, non si sono mai spenti. La 13enne è scomparsa il 26 novembre 2010 da Brembate di Sopra, nel bergamasco, mentre tornava a casa dalla palestra. L'ultimo segnale del suo telefonino è delle 18.45, poi solo silenzio. Il suo corpo è stato trovato te mesi dopo in un campo di Chignolo d'Isola, a una decina di chilometri da casa, straziato da tagli e contusioni. Un corpo con cui l'assassino, sicuramente sadico, ha voluto giocare prima di abbandonarlo agonizzante nel freddo pungente di una notte d'inverno.