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Partito il processo per l'attico di Bertone. Il cardinale potrebbe essere chiamato a testimoniare

Pina Sereni
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È iniziato questa mattina con l'udienza preliminare al Tribunale vaticano il processo per la distrazione di fondi di 422mila euro nei confronti degli ex manager della Fondazione Bambino Gesù, Giuseppe Profiti e Massimo Spina, imputati per peculato. I fondi sarebbero stati utilizzati per la ristrutturazione dell'appartamento dell'ex Segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone. Respinta una pregiudiziale di "difetto di giurisdizione" presentata dagli avvocati della difesa, accolta la richiesta dei legali di sentire gli imputati insieme ai testi. Tra le richieste della difesa, anche quella dell'esibizione dei bilanci della Fondazione Bambino Gesù dal 2012 al 2016. Agli atti del processo ai due ex numeri uno della Fondazione c'è anche una lettera dell'ex segretario di Stato della Santa Sede Tarcisio Bertone. Il Vaticano li ha portati a processo perché tra il novembre del 2013 e il 28 maggio del 2014 avrebbero usato 422.005,16 euro, destinati all'ospedale pediatrico della Santa Sede, per pagare i lavori di ristrutturazione di un attico di proprietà del Governatorato, abitazione di Bertone, a vantaggio dell'impresa di Gianantonio Bandera. La lettera di Bertone è stata depositata in fase istruttoria. «Se il documento sarà ammesso, a noi va benissimo», spiega Alfredo Ottaviani, avvocato d'ufficio di Massimo Spina. Cosa scrive? «Che è tutto a posto, che non ci sono problemi». Si intrattiene brevemente con i giornalisti all'uscita dell'udienza preliminare, ma non si sbottona. Del contenuto non si sa nulla. Però fa capire che se non bastasse, o se fosse contestata, non si escluderebbe Bertone verrà chiamato come testimone. In aula Ottaviani sottolinea che «Spina non aveva nessun potere di firma e non poteva disporre di beni. Non aveva poteri di cassa, le sue mansioni non lo prevedevano. Aveva solo funzioni di indirizzo di flussi di denaro. Il tesoriere non è il cassiere». Giallo sul bonifico L'ordine di bonifico, in sostanza, «non spettava al dottor Spina, che ha solo eseguito degli ordini precisi che venivano da livelli superiori al suo». Gli avvocati degli ex manager della fondazione hanno tentato la via del "difetto di giurisdizione". La Fondazione, sostengono, non avrebbe sede in Vaticano ma in Italia, dunque il reato sarebbe stato commesso fuori dal territorio: in Italia o, al massimo, in Inghilterra, dove ha sede giuridica l'impresa Lg Contractor (poi diventata Castelli RE Spa) di Bandera, destinataria del denaro. Il collegio giudicante però ha rigettato l'istanza perché i bonifici sono partiti dal conto dell'Apsa, l'organismo della Santa Sede che si occupa della gestione del suo patrimonio economico, per conto della Fondazione Bambino Gesù. La sede dei destinatari «non è rilevante». Stampa non gradita All'inizio della prima udienza, i difensori hanno anche cercato di mandar via il pool di giornalisti, in aula per assistere al processo. Antonello Blasi, avvocato di Profiti, aveva chiesto che la stampa lo seguisse in streaming in un'altra aula «per evitare disturbi e per una questione di appalti interni». «Ci sentiamo pressati - ha concordato Ottaviani - perché li abbiamo alle spalle», ricevendo la risposta sarcastica del presidente Paolo Papanti-Pellettier: «Non è possibile che li abbiate davanti», avendo davanti imputati e avvocati il collegio giudicante. Il calendario Le prossime udienze sono state fissate in corrispondenza del viaggio di Papa Francesco in Colombia (6-11 settembre): il 7, 8 e 9 settembre e alcuni giorni della settimana successiva, anticipando - per l'importanza del caso - la chiusura delle ferie estive, normalmente fissata al 20 settembre.

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