Dottoressa uccisa a Teramo, suicida il presunto killer
Si è impiccato il presunto assassino dell'oncologa Ester Pasqualoni, uccisa mercoledì sera a Teramo. Il corpo senza vita di Enrico De Luca, 65enne ex investigatore privato che da tempo perseguitava la donna, è stato scoperto in un appartamento di cui aveva la disponibilità a Villa Rosa, sul litorale adriatico, vicino alla cittadina in cui risiedeva, Martinsicuro. Davanti casa era stata ritrovata la Peugeot 106 bianca con cui era fuggito dall'ospedale Val Vibrata di Sant'Omero, dopo aver infierito con un coltello contro la 53enne dottoressa che tormentava da anni con appostamenti e pedinamenti. Un delitto orribile, compiuto con una rucola con cui ha inflitto fendenti alla gola e alla nuca della donna che aveva avuto in cura suo padre. I carabinieri hanno trovato il cadavere dell'ex detective in camera da letto: si era strangolato con una fascetta elettrica autostringente legata alla spalliera del letto, probabilmente appena tornato dall'omicidio. La vittima, Ester, viveva da sola in un villino con i due figli di 11 e 16 anni, dopo aver perso il compagno per un infarto due anni fa. Aveva denunciato due volte per stalking quell'uomo che era ossessionato e la perseguitava senza che avessero mai avuto la minima relazione, ma la denuncia era stata archiviata. Proprio la mancata protezione della dottoressa ha riaperto il dibattito sullo stalking e sul femminicidio, di cui spesso in Italia non vengono colti i segnali d'allarme. "Questa vicenda per noi è una grande sconfitta", ha detto il Capo della Polizia, Franco Gabrielli, "l'imperativo è la sollecitazione a tenere alta l'attenzione su queste vicende. Le vittime devono essere i soggetti primari della nostra attività, soprattutto nei reati di genere". La Direzione Generale della Asl di Teramo, ha espresso cordoglio ai familiari di Ester Pasqualoni, in particolare ai figli e all'anziana madre, senza dimenticare i suoi pazienti che, "con lei, hanno perso non solo il medico, ma anche un'amica sempre pronta ad ascoltarli". In una nota la dottoressa è definita "un baluardo" dell'ospedale in cui operava perché, "consapevole della fragilità, soprattutto psicologica, dei suoi malati, assicurava ad ognuno di loro un sorriso, parole di conforto e la sua presenza costante, anche fuori dall'orario di servizio, mostrando una straordinaria dedizione al lavoro".