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'Ndrangheta, smantellata la cosca Arena: gestiva il centro migranti di Crotone

Francesca Musacchio
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La gestione degli immigrati è una miniera d'oro per la 'ndrangheta. È il sospetto che trova conferma nelle indagini della Procura di Catanzaro che questa mattina ha portato all'arresto di 68 persone accusate di associazione di tipo mafioso, estorsione, porto e detenzione illegale di armi, intestazione fittizia di beni, malversazione ai danni dello stato, truffa aggravata, frode in pubbliche forniture e altri reati di natura fiscale, tutti aggravati dalla modalità mafiose. Il vero affare su cui la malavita organizzata calabrese aveva messo le mani, però, è quello delle attività connesse al funzionamento dei servizi di accoglienza del Cara "Sant'Anna" di Isola Capo Rizzuto: 1.200 posti disponibili e decine di migliaia di immigrati che, dal 1999, hanno trovato accoglienza. Adesso, però, l'ipotesi che sia proprio la mafia a mettere le mani sui fondi europei e non solo, destinati al fenomeno migratorio, racconta la storia di infiltrazioni pesanti della cosca Arena, una delle più potenti e temute, nel tessuto economico crotonese, in particolare quello dei migranti. Secondo gli inquirenti, infatti, "per il tramite di Leonardo Sacco, governatore della Fraternita di Misericordia" la 'ndrangheta "si è aggiudicata gli appalti indetti dalla Prefettura di Crotone per le forniture dei servizi di ristorazione presso il centro di accoglienza di Isola di Capo Rizzuto e di Lampedusa, affidati a favore di imprese appositamente costituite dagli Arena e da altre famiglie di ‘ndrangheta per spartirsi i fondi destinati all'accoglienza dei migranti". In manette anche don Edorado Scordio, il parroco di Isola Capo Rizzuto, che avrebbe avuto un ruolo nella gestione dei migranti ottenendo in cambio del denaro. Un business che andava avanti da oltre un decennio, adesso smantellato nell'operazione "Jonny", che la scorsa notte ha visto in campo oltre 500 tra agenti della Polizia di Stato, tra Squadra Mobile delle Questure di Catanzaro e Crotone, i carabinieri del Ros e del reparto operativo di Catanzaro e finanzieri del Nucleo di polizia tributaria. I provvedimenti, disposti dalla Direzione distrettuale antimafia, guidata dal procuratore capo Nicola Gratteri, a seguito di indagini coordinate dal procuratore aggiunto, Vincenzo Luberto, hanno preso di mira la storica e potentissima cosca della famiglia Arena dedita soprattutto alle estorsioni. Una presenza definita "assillante" dagli inquirenti, che hanno tracciato il campo d'azione dei 'ndranghetisti: la zona del crotonese con propaggini importanti anche sulla costa ionica nella provincia di Catanzaro dove, "direttamente attraverso i propri affiliati, a mezzo di propri fiduciari nominati responsabili della conduzione delle attività delittuose o attraverso la messa ‘sotto tutela' di cosche alleate, aveva monopolizzato il business delle estorsioni ai danni di esercizi commerciali ed imprese anche impegnate nella realizzazione di opere pubbliche". Tra il 2015 ed il 2016, secondo le indagini, "in particolare a Catanzaro, una cellula della cosca, dipendente dalla cosca madre di Isola Capo Rizzuto, ma radicata nel capoluogo, avrebbe messo a segno una serie impressionante di danneggiamenti a fini estorsivi per fissare con decisione la propria influenza sull'area mentre cosche satelliti della famiglia Arena avevano fatto altrettanto nell'area, di rilevante interesse imprenditoriale e turistico, immediatamente a sud di Catanzaro ricadente nei comuni di Borgia e Vallefiorita".

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