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Uso eccessivo del cellulare gli ha causato un tumore: Inail condannata a risarcire un lavoratore di Ivrea

Davide Di Santo
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"Per la volta al mondo una sentenza di primo grado ha riconosciuto un nesso causale tra l'uso prolungato del cellulare e il tumore al cervello". Così gli avvocati torinesi Renato Ambrosio e Stefano Bertone hanno illustrato la sentenza emessa lo scorso 30 marzo dal giudice tribunale di Ivrea Luca Fadda. Protagonista della vicenda Roberto Romeo, un dipendente 57enne di una grande azienda a italiana che per 15 anni ha utilizzato per lavoro il telefonino senza precauzioni per più di tre ore al giorno al quale è stato diagnosticato nel 2010 un tumore benigno ma invalidante. Il Tribunale ha condannato l'Inail a corrispondere al lavoratore una rendita vitalizia da malattia professionale. Le motivazioni della sentenza di primo grado saranno rese note nei prossimi 50 giorni. I rischi delle onde elettromagnetiche "È una sentenza straordinariamente importante - commenta l'avvocato Bertone - perché il fatto che si riconosca la causa oncogena insita nei campi elettromagnetici generati dai cellulari è il segno del continuo avanzamento delle conoscenze scientifiche. Il telefono cellulare è un dispositivo tecnologico che emette onde elettromagnetiche ad altissima frequenza e ogni giorno più di 40 milioni di italiani lo utilizzano. Per questo è importante che tutti siano al corrente dei rischi che corrono loro stessi e coloro che hanno intorno. È, dunque, importante riflettere sul problema e adottare le giuste contromisure". "Non sento più dall'orecchio destro" "Per 15 anni ho utilizzato 3-4 ore al giorno il cellulare, poi, nel 2010, mi sono accorto che avevo l'orecchio tappato . Sono andato dall'otorino e ho scoperto che non era l'orecchio tappato, ma un problema forse di attacco batterico. Ho fatto tutte le cure del caso ma neppure così è passato. Ho fatto quindi una risonanza magnetica da cui hanno scoperto che avevo un neurinoma nell'acustico all'orecchio destro", racconta Roberto Romeo, 57 anni, dipendente di una grande azienda italiana, nello studio degli avvocati Renato Ambrosio e Stefano Bertone che hanno curato la causa che lo ha visto protagonista, racconta la sua esperienza, dopo che il Tribunale di Ivrea ha condannato l'Inail a corrispondergli una rendita vitalizia da malattia professionale. "Per fortuna si tratta di un tumore benigno - aggiunge il lavoratore - ma è invalidante, dato che dall'orecchio destro non sento più. Non voglio demonizzare l'uso del cellulare ma credo sia necessario farne un uso corretto e consapevole". Il tribunale di Ivrea accogliendo il ricorso ha dichiarato Romeo "affetto da una malattia professionale che ha comportato un danno biologico permanente del 23%" condannando appunto l'Inail a corrispondere al lavoratore una rendita vitalizia da malattia professionale. Lo stato della ricerca scientifica Un "gran numero di studi sono stati condotti negli ultimi vent'anni per capire se l'uso del telefonino rappresenta un rischio potenziale per la salute umana. Ma al momento non sono stati provati effetti avversi" provocati dall'impiego del cellulare. Lo ricorda l'Organizzazione mondiale della sanità, precisando che gli studi finora hanno indagato gli effetti dei campi a radiofrequenza su attività elettrica del cervello, funzione cognitiva, sonno, battito cardiaco, pressione e tumori. L'Oms ricorda che il gruppo di esperti dell'International Agency for Research on Cancer (Iarc) dell'Organizzazione mondiale della sanità ha classificato nel 2011 i campi elettromagnetici a radiofrequenza quali "possibili cancerogeni" per l'uomo (gruppo 2B). Il gruppo di lavoro - 31 scienziati di 14 Paesi - aveva concluso che l'analisi dell'uso dei telefoni cellulari per oltre 10 anni non aveva dimostrato un aumento del rischio di glioma o meningioma, ma per gli esperti Oms c'erano "alcune indicazioni di un aumento del rischio di glioma" per i super-utenti che stanno per ore e ore al giorno al telefonino. Le evidenze al momento disponibili, precisava la Iarc, sono limitate a queste due neoplasie. "Stiamo ancora indagando - puntualizzava all'epoca il coordinatore del comitato, Jonathan Samet della University of Southern California - Finora i dati sono sufficienti a classificare i campi elettromagnetici a radiofrequenza come agenti cancerogeni di gruppo 2B", ossia "potenzialmente cancerogeni per l'uomo".

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