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Delitto Emanuele Morganti, i due fratelli fermati per l'omicidio interrogati restano non cella

(foto Claudio Papetti - Ciociaria Oggi)

Silvia Sfregola
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Restano in cella. Il gip convalida il fermo di Mario Castagnacci e Paolo Palmisani, i fratelli di Alatri accusati di aver pestato a morte Emanuele Morganti. La decisione è stata presa al termine dell'interrogatorio nel carcere di Regina Coeli: il gip Anna Maria Gavoni, ha convalidato il fermo e emesso un'ordinanza di misura cautelare in carcere per entrambi. Gli interrogatori si sono tenuti per rogatoria, perché i due sono stati fermati a Roma, e gli atti saranno trasmessi alla magistratura di Frosinone, responsabile delle indagini. Gli interrogatori Palmisani si è avvalso della facoltà di non rispondere. La versione di Castagnacci invece non è stata invece ritenuta credibile dagli inquirenti soprattutto in base a quanto riportato da alcuni testimoni. "Io con il pestaggio non c'entro niente" ha dichiarato il ragazzo. Ieri era stato interrogato per cinque ore anche dal procuratore capo di Frosinone Giuseppe De Falco negando ogni responsabilità nel pestaggio di Emanuele. Il giovane, accusato di omicidio volontario con il fratellastro Palmisani, ha ammesso la sua presenza in piazza, ad Alatri, al momento dell'aggressione ma ha anche detto di non aver picchiato la vittima. I due presunti assassini Mario Castagnacci e Paolo Palmisani rispondono dell'accusa di omicidio volontario aggravato da futili motivi: quando i carabinieri li hanno trovati, due giorni dopo l'omicidio, in casa di una parente, a Roma, i due non hanno opposto alcuna resistenza al fermo. Hanno precedenti legati al traffico e allo spaccio di droga e secondo gli inquirenti sarebbero stati loro ad aggredire Emanuele con colpi tali da fracassargli il cranio e rompergli le vertebre cervicali. Il giorno prima della feroce aggressione, Castagnacci era stato fermato per droga, e rilasciato la mattina successiva. Le indagini però continuano perché chi indaga è convinto che altre persone abbiano avuto un ruolo nella tragica fine di Emanuele. Tra i tasselli fondamentali che mancano per ricomporre ogni aspetto dell'omicidio c'è il movente: una delle ipotesi è che i due fermati abbiano ridotto in fin di vita il giovane per dare "una prova di forza", per dimostrare, nella piazza centrale di Alatri, la loro violenza criminale. L'omicidio e il movente Restano però tanti dubbi: innanzitutto sul coinvolgimento delle altre persone indagate, al momento cinque, tra le quali ci sono alcuni dei buttafuori del locale Mirò, sequestrato dopo la tragedia. Il ragazzo è morto domenica, dopo quasi due giorni di agonia, in un letto del policlinico Umberto I di Roma. È arrivato in elisoccorso al policlinico della capitale la notte tra venerdì e sabato, in condizioni già disperate. Subito è stato sottoposto a un intervento chirurgico per provare a ridurre le lesioni alla testa causate dai colpi ricevuti. L'operazione non è bastata a salvargli la vita e, quando è arrivata la fine, i suoi genitori hanno dato il consenso alla donazione degli organi.

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