Il testamento di dj Fabo: "La mia vita senza senso, porre fine a quest'agonia"
Lo aveva annunciato già ieri, ed è stato di parola. Alle 14.45, puntuale, Marco Cappato si è presentato alla caserma dei Carabinieri di Milano Duomo, autodenunciandosi per la morte ieri in Svizzera di dj Fabo, il giovane reso cieco e paraplegico da un incidente stradale che ha scelto, accompagnato proprio da Cappato e con il sostegno dell'intera associazione "Luca Coscioni", la dolce morte in una clinica elvetica. "Il mio obiettivo è portare lo Stato Italiano ad un'assunzione di responsabilità", ha attaccato Cappato. "Entrerò e racconterò semplicemente come ho fatto, come ho aiutato Fabo a ottenere l'assistenza medica per la morte volontaria", ha detto il tesoriere dell'associazione Coscioni circondato da telecamere e taccuini. "Sarà compito dello Stato - ha aggiunto Cappato che è stato salutato dall'applauso di una decina di militanti radicali - decidere se girare la testa dall'altra parte o consentirmi di difendere le mie ragioni nell'aula di un tribunale". "Credo che lo Stato si debba assumere la responsabilità - continua Cappato - di far sì che solo chi ha 10 mila euro e la condizione di trasportabilità possa andare in Svizzera o altrimenti debba subire il suicidio nelle condizioni più terribili o una tortura di vita che non vorrebbe. Se ci sarà l'occasione di difendere davanti a un giudice quello che ho fatto, lo potrò fare in nome dei principi costituzionali di libertà e responsabilità fondamentali che sono più forti di un codice penale scritto in epoca fascista, dove ancora non si fa differenza tra aiutare un malato che muore per sofferenza e invece sbarazzarsi in prima persona di chi ci si vuole liberare. Il codice penale non fa questa differenza, la Costituzione invece sì". In ogni caso, Cappato precisa: "In Italia l'istigazione o l'aiuto al suicidio prevede una pena da 5 a 12 anni di carcere. Nel caso di Fabo non c'è alcun tipo di istigazione, anzi abbiamo cercato di dissuaderlo fino alla fine; aiuto sì, perché io sabato mattina l'ho caricato sulla macchina con la sua carrozzella per cinque ore di un viaggio francamente straziante". Prudente il procuratore capo di Milano Francesco Greco: "Ci sono diversi profili che vanno valutati, compresa la giurisprudenza della Cedu (Corte Europea dei diritti dell'uomo) in questa materia". Il fascicolo sull'eventuale inchiesta verrà assegnato al pm Tiziana Siciliano, competente per questo ambito. "Prima di parlare di eventuali reati bisogna vedere esattamente cosa è successo, io al momento non lo so", ribadisce Greco. La lettera-testamento di dj Fabo Oggi intanto è stato diffuso il testo di una drammatica lettera-testamento che dj Fabo ha lasciato all'associazione Coscioni per spiegare il senso e lo scopo della sua decisione: "Le mie giornate sono intrise di sofferenza e disperazione, non trovando più il senso della mia vita ora. Fermamente deciso, trovo più dignitoso e coerente, per la persona che sono, terminare questa mia agonia", scrive senza mezzi termini. Per questo si è rivolto all'associazione: per difendere, scrive, "il diritto sacrosanto di morire". Di lasciare una vita brillante e piena, quella di un artista, dj, motociclista per passione. Che proprio mentre cominciavano ad arrivare i primi riscontri professionali, la prima notorietà nel settore, da sogno e' diventata incubo: "Purtroppo, in uno dei rientri in Italia, dopo aver suonato una sera in un locale di Milano, tornando a casa, un rovinoso incidente mi spezza i sogni e la mia vita". Diventa cieco e tetraplegico, immobilizzato su un letto. Ecco come si descrive, senza abbellire una realtà divenuta insopportabile: "Giovane adulto sempre vivace e vero amante della vita, non riesco a fare a meno degli amici per esserne al centro trascinandoli con me. Generoso, forse un po' insicuro quando si tratta di scelte importanti da fare da solo. Vittima spesso della mia stessa vivacità, facilmente mi annoio, pronto a gettarmi per primo nelle situazioni più disparate. Un trascinatore. Incapace di sopportare il dolore sia fisico che mentale. Preferisco stare solo, ora, che non poter vivere come prima. Vivo oggi a casa di mia madre a Milano con una persona che ci aiuta e la mia fidanzata che passa più tempo possibile con me. Mi portano fuori ma spesso non ne ho voglia". Da qui il contatto con l'Associazione Luca Coscioni, e il viaggio con Marco Cappato verso la fine di un'agonia che non era più vita. Circondato da familiari e amici, dj Fabo da solo, con un morso, ha avviato il meccanismo che ha iniettato nel suo corpo immobile il farmaco letale. Poche ore prima, le sue ultime, la fidanzata Valeria Imbrogno aveva scritto su Facebook "Vorrei che questa notte non finisse mai...". Invece è arrivato il giorno dopo, con l'inevitabile corollario di polemiche e commenti. Il premier Gentiloni: "Colpito dalla vicenda" Sul tema è intervenuto oggi anche il premier Paolo Gentiloni: "Mi sento colpito dalla vicenda come tutti i nostri concittadini. Il governo guarda con rispetto al confronto parlamentare che c'è e che credo sia doveroso e interpella le coscienze dei singoli parlamentari". Sulla stessa linea il ministro della Salute Beatrice Lorenzin: quella del dj Fabo è una "vicenda tristissima e drammatica", sulla quale "c'è una normativa in Parlamento. Le Commissioni stanno lavorando in modo molto sobrio, come deve essere in questi casi, entrando nel merito dell'articolato delle norme, e questo è un lavoro che attiene al Parlamento e sul quale come avete visto ho preferito non intervenire".