"Fascisti". Schiaffo tedesco agli eroi
La Germania dimentica gli errori della sua "polizei" sull'attentato a Berlino ma si attacca alle presunte simpatie estremiste dei due poliziotti italiani
Nessuna medaglia perché sono in odor di fascismo. E poco importa se i due agenti italiani hanno ucciso il ricercato numero uno per l'attentato al mercatino natalizio di Berlino, peraltro sfuggito sotto il naso a forze dell'ordine e intelligence della Merkel. Cristian Movio e Luca Scatà non meritano alcuna onorificenza dalla Germania perché, secondo le autorità locali, sui loro profili Facebook sono state pubblicate foto di Mussolini, altre con la scritta Adolf, post condivisi da siti razzisti. E pensare che di recente si è scoperto che il celebre ispettore Derrick, al secolo Horst Tappert, aveva fatto parte delle SS. Ma, evidentemente, ad essere cattivi sono solo i poliziotti degli altri. E dire che gli agenti italiani hanno messo fine ad una ricerca che, forse, non si sarebbe risolta favorevolmente per le autorità tedescha visto che Amri, dopo l'attentato, è riuscito ad allontanarsi dal Paese praticamente indisturbato, nonostante fosse sotto la lente d'ingrandimento dell'Antiterrorismo. Da sei mesi era sotto osservazione da parte delle autorità tedesche perché ritenuto vicino ad ambienti radicalizzati e legato a gruppi terroistici. Il giovane pare fosse in contatto con una branca dell'Isis che si occupava di reclutare combattenti da mandare in Iraq o Siria. Non solo. L'Italia aveva segnalato il suo nome nella banca dati dell'area Schenghen. Un nome noto, quindi, che però è riuscito a beffare i tedeschi e compiere una strage in uno dei luoghi annunciati come possibili obiettivi proprio da parte dell'Isis. Un Paese nel mirino degli jihadisti che, più volte, attraverso la propaganda online, lo ha indicato come obiettivo. Nonostante gli "avvertimenti", la Germania è stata colpita più volte nel corso degli ultimi anni. Amri è solo l'ultimo errore in ordine di tempo. Dalla strage del Bataclan in poi, infatti, il Paese ha subito una serie di piccoli attacchi che spesso non sono stati classificati come attentati di matrice terroristica, forse per non ammettere leggerezze nelle indagini da parte di 007 e forze di polizia. La storia di Anis Amri è solo l'episodio più eclatante. Ma le "serpi in seno" pronte a compiere azioni nel Paese, erano e sono ancora tante. Spesso "sfuggite" sotto il naso agli investigatori di Angela Merkel. "La situazione in Europa e in Germania resta seria anche con il nuovo anno", e "i servizi di sicurezza mettono ancora in guardia su alto rischio di attentati del terrorismo internazionale". Lo aveva detto il ministro dell'Interno tedesco, Thomas de Maizière, dopo la terribile notte di Capodanno quando Monaco fu blindata a causa di una serie di allarmi per possibile attentati durante i festeggiamenti per l'arrivo del nuovo anno. Era l'inizio del 2016 e, mentre si piangevano i morti di Parigi, le intelligence e le forze dell'ordine di tutta Europa erano impegnate nella caccia a terroristi, possibili cellule jihadiste, soggetti radicalizzati e ogni elemento che potesse aiutare a sventare un attentato. Berlino, a quel tempo, non sapeva che, nel corso dell'anno, avrebbe subito attacchi spesso da soggetti già noti alle forze dell'ordine. E mentre i primi fuochi d'artificio salutavano l'arrivo del 2016, la Germania è precipitata nell'incubo degli attacchi terroristici come accaduto il 17 novembre 2015 ad Hannover, poco prima dell'inizio dell'amichevole Germania-Olanda, quando la partita è stata annullata per il rischio concreto di un attacco esplosivo. Un mese dopo, a Monaco, durante quella terribile notte di "caccia ai fantasmi", due stazioni sono state chiuse poco prima della mezzanotte per una "concreta" minaccia di imminente attacco suicida da parte di un commando legato all'Isis. Dopo qualche mese, a maggio, il terrore è tornato alla periferia meridionale di Monaco dove un cittadino tedesco di 27 anni ha ferito quattro persone, una di queste in seguito morta in ospedale. È arrivato alla stazione ferroviaria di Grafing poco prima delle 4:50. Salito su un treno, con in mano un coltello lungo 10 centimetri e largo 3, ha aggredito la sua prima vittima urlando "Allah Akbar", "Allah è il più grande". Poi ha continuato. Sceso sulla banchina ha accoltellato un'altra persona. In seguito si è spostato nella piazza di fronte alla stazione dove ha attaccato due ciclisti. L'uomo è stato identificato come Paul H., originario di Essen. Secondo gli investigatori il 27enne non sarebbe stato collegato alle reti terroristiche e avrebbe agito da solo. La motivazione al suo gesto sarebbe da ricercare nell'instabilità psicologica, che già da due anni aveva reso necessario il sostegno da parte di un assistente sociale. La possibilità, invece, che fosse un'altra svista delle forze di sicurezza, non appare remota. Nel giro di pochi giorni la storia è stata più che dimenticata e l'attacco è stato classificato come il gesto di un folle non legato al radicalismo di matrice islamica. A soprendere ancora la Germania, però, qualche tempo dopo è arrivato un 17enne afghano, Muhammad Riyad. Il giovane ha ferito cinque persone a colpi d'ascia su un treno regionale, che da Treuchtlingen porta a Wuerzburg, in Baviera, al grido di "Allah Akbar", prima di essere ucciso dalla polizia. In un video diffuso dopo l'attentato sui canali Telegram da parte dei seguaci dell'Isis, il 17enne ha annunciato quello che aveva intenzione di fare: "Con un'operazione suicida in Germania, vi combatterò fino a quando avrò sangue nelle vene e vi massacrerò". L'afghano era arrivato in Germania da solo e l'anno scorso si era registrato come richiedente asilo. Dopo un primo periodo trascorso in un centro profughi a Ochsenfurt, sempre in Baviera, era stato accolto da una famiglia affidataria. Anche qui nessuno aveva individuato il giovane. Francesca Musacchio