Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Addio all'oncologo paladino delle donne È morto Umberto Veronesi

Umberto Veronesi

Aveva 90 anni. Il Professore milanese, ex ministro della Sanità, era specializzato nella cura del cancro. Guidò la rivoluzione del "bisturi gentile"

Silvia Sfregola
  • a
  • a
  • a

È morto Umberto Veronesi. L'oncologo di fama internazionale è deceduto nella sua casa milanese: aveva 90 anni (ne avrebbe compiuti 91 il prossimo 28 novembre) ed era malato da tempo ma, nelle ultime settimane, le sue condizioni di salute si erano aggravate. Era circondato dai familiari, dalla moglie e dai figli. Una vita dedicata alla ricerca "Trovare un'alternativa alla mastectomia" a una mutilazione che colpisce la donna nel cuore della sua femminilità: il seno. L'oncologo ed ex ministro della Sanità Veronesi, la definiva la sua "ossessione". Un pensiero fisso che ha guidato il medico nato nel capoluogo lombardo il 28 novembre 1925 fino alla rivoluzione del bisturi gentile, da lui innescata con l'invenzione di una tecnica chirurgica in grado di salvare il seno colpito dal cancro, eliminando il tumore senza mortificare il corpo femminile. La quadrantectomia è stata la sua creatura più cara, tecnica che lo ha reso noto in tutto il mondo e che prevede l'asportazione della sola parte di seno colpita dalla malattia, "conservando" il resto. Oggi è diventata patrimonio delle sale operatorie. Ma negli anni '70-80 l'oncologo dovette vincere le resistenze di chirurghi ancorati a una visione tradizionale centrata sull'intervento radicale. Veronesi amava ricordare quella svolta storica che lo rendeva orgoglioso: "Io so cos'era la mastectomia nel dopoguerra. Non si trattava solo di asportare il seno malato. Venivano tolti tutti i muscoli e i linfonodi ascellari, e a volte persino le ovaie e l'ipofisi. La mutilazione era gravissima, la regola era dare alla paziente il massimo livello tollerabile di terapia. Un concetto che negli anni '70 abbiamo ribaltato, aprendo al minimo trattamento efficace". La carriera: guidò la rivoluzione del bisturi "soft" È il 1981 l'anno della consacrazione: sul New England Journal of Medicine viene pubblicato un suo studio condotto su 700 donne per confrontare l'efficacia di mastectomia e quadrantectomia. Le probabilità di guarigione risultano sovrapponibili, con il vantaggio che la quadrantectomia salva anche la qualità della vita. Il resto è storia. La storia di una carriera cominciata all'inizio degli anni '50, con la laurea in Medicina alla Statale di Milano e l'ingresso come volontario all'Istituto nazionale tumori (Int), di cui diventerà direttore generale nel 1975. Seguendo la strada conservativa Veronesi approda alla biopsia del linfonodo sentinella per evitare la dissezione ascellare nei casi in cui i linfonodi sono sani. Poi arriva la radioterapia intraoperatoria, che si esaurisce in una sola seduta, durante l'intervento stesso. Scoperte che segnano la "seconda vita" di Veronesi nell'Istituto da lui fondato a Milano con il banchiere Enrico Cuccia: l'Ieo (Istituto europeo di oncologia), Irccs privato convenzionato con il Servizio sanitario nazionale di cui è stato direttore scientifico fino al 2014. Veronesi sarà ricordato per le battaglie in nome dell'umanizzazione delle cure (sognava ospedali più belli, dove i parenti possono stare al fianco dei malati senza limiti orari e si mangia bene, come a casa), ma anche per l'impegno sul fronte della prevenzione per il tumore al seno, in nome della "mortalità zero", obiettivo "possibile da raggiungere entro il 2020". Il suo contributo lo scienziato, premiato negli anni con 14 lauree Honoris causa e una lunga lista di riconoscimenti internazionali, lo ha dato anche e soprattutto con la battaglia per istituzionalizzare gli screening di massa e con l'opera di sensibilizzazione delle donne sull'importanza di sottoporsi ai controlli con regolarità per "stanare" eventuali noduli quando sono ancora di pochi millimetri e le chance di salvarsi sono altissime. Nella sua vita alla ribalta, nei suoi libri, ogni tanto sono affiorati anche sprazzi del Veronesi più intimo: "Ho conosciuto la guerra e la Resistenza, una mina anti-uomo mi è scoppiata fra i piedi e so cosa vuol dire stare a lungo in ospedale" ha avuto modo di raccontare, parlando degli eventi che hanno segnato la sua missione di medico. Il ricordo della Fondazione "Andate avanti, perché il mondo ha bisogno di scienza e ragione". Sono queste le parole di Veronesi con cui la Fondazione che porta il suo nome ha voluto ricordarlo il giorno della sua morte. "Siamo tutti profondamente colpiti da questa dolorosissima perdita. Il Professore - sottolinea la Fondazione Veronesi - non aveva paura della morte, considerandola un evento naturale della vita. Da persona illuminata e fiduciosa nel futuro, ha voluto che la Fondazione continuasse a porsi grandi obiettivi da raggiungere". "Lavorando al suo fianco - continua la nota - abbiamo fatto nostri i suoi principi e i suoi obiettivi: sostenere la ricerca all'avanguardia, diffondere la cultura scientifica, promuovere la prevenzione, migliorare la qualità della vita delle persone e difendere l'etica, anche precorrendo i tempi e contestando convenzioni dominanti. Continueremo le attività nate da una mente eccelsa, con ancora maggiore determinazione. La stessa determinazione che il Professore è stato capace di trasmetterci giorno dopo giorno", conclude.

Dai blog