LA DENUNCIA DI COLDIRETTI
Dalla nocciole turche alle arachidi cinesi Ecco i cibi killer sulle nostre tavole
Ci sono una serie di killer silenziosi che si aggirano sulle tavole degli italiani. Sono alimenti che arrivano da altri paesi, alcuni di questi riescono a saltare le barriere all’ingresso delle frontiere e si mischiano nei cibi che mangiamo. Il pericolo pubblico numero uno è la nocciola turca seguita a ruota dalle arachidi cinesi. Alcune partite che entrano in Italia sono, infatti, inquinate da aflatossine, un fungo che è considerato uno dei più potenti cancerogeni naturali. E ugualmente ad alto rischio di tumore sono alcune spezie che arrivano dall’India, come il peperoncino contaminato da pesticidi oltre i limiti ammessi dalla legislazione italiana o carichi di agenti infettivi microbiologici. Sul podio dell’elenco dei prodotti alimentari più a rischio per la salute ci sono anche il pesce spada pescato nelle acque spagnole e il Pangasio entrambi ricchi in alcuni casi di metalli pesanti. E ancora rischi possono arrivare da alcuni formaggi francesi e da fragole e olive egiziani. A stilare la classifica dei cibi più pericolosi è un dossier della Coldiretti presentato ieri al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio ed elaborato sulla base del Rapporto del Ministero della Salute sui sistema di allerta europeo. Un monitoraggio a campione che registra gli allarmi più frequenti nel 2015 che arrivano dalla analisi sulle derrate che entrano in Europa e che registrano alla presenza di residui chimici, micotossine, metalli pesanti, contaminanti microbiologici, diossine o additivi e coloranti. Sono nocciole e frutta secca dalla Turchia le più contaminate da aflatossine cancerogene e hanno dunque registrato lo scorso anno il maggior numero di allerta comunitari, a seguire ci sono le arachidi dalla Cina mentre il peperoncino e le altre spezie dall’India, per la presenza di contaminazioni microbiologiche e di residui chimici in eccesso, sono al terzo posto. «Una classifica che – sottolinea la Coldiretti - dovrebbe far riflettere i quasi 35 milioni di italiani, di cui 9,7 milioni regolarmente, che abbinano ingredienti italiani con prodotti provenienti da altri paesi, come ad esempio la curcuma originaria dell’India o le bacche di goji, i fagioli azuchi e lo zenzero che sono in gran parte di provenienza cinese». Gli allarmi non riguardano però solo i cibi extracomuntari. Per il numero di allarmi scattati nel 2015 al quarto posto della classifica si trova il pesce proveniente dalla Spagna che ha fatto registrare soprattutto contenuti fuori norma di metalli pesanti per tonno e pesce spada, mentre preoccupante è la situazione della frutta e verdura proveniente dalla Turchia con fichi secchi fuori norma per la presenza di aflatossine e i peperoni per i pesticidi. Al sesto posto la frutta secca proveniente dall’India con l’allarme salmonella scattato nei semi di sesamo, mentre irregolarità per le aflatossine sono state trovate nei pistacchi dall’Iran. Fuori dalla classifica – aggiunge la Coldiretti - vanno però anche segnalati i casi delle erbe e delle spezie come paprika e peperoncino cinesi con pesticidi, i formaggi francesi con contaminazioni microbiologiche, i prodotti alimentari con vendita non autorizzati da parte degli Stati Uniti e il pollame con contaminazioni microbiologiche proveniente dalla Polonia mentre, irregolarità sui contenuti di pesticidi hanno generato allarmi per la frutta e verdura dalla Cina, come broccoli e funghi. «Non è possibile determinare quanta percentuale delle nocciole complessivamente importate dalla Turchia siano tossiche e questo vale per tutti gli alimenti che hanno generato allerta. Chiaro che trattandosi di controlli a campione la maggiore frequenza di allarmi è indicativa del fatto che il grado di pericolosità sia più alto» spiega a Il Tempo, Roberto Manfredini, responsabile della sicurezza alimentare della Coldiretti. I consumatori hanno poche armi per difendersi dai killer alimentari. L’unico consiglio è quello di comprare solo prodotti regolarmente etichettati con l’indicazione dell’origine degli alimenti utilizzati, una maggiore trasparenza e informazione oppure la spesa nei punti di vendita diretta degli agricoltori i cosiddetti farmers market. «Lì la tracciabilità e la sicurezza del prodotto è al 100%. Si sa chi produce e chi vende» conclude Manfredini. «Non c’è più tempo da perdere e occorre rendere finalmente pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti dall’estero per far conoscere anche ai consumatori i nomi delle aziende che usano ingredienti stranieri», ha aggiunto il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che «bisogna liberare le imprese italiane dalla concorrenza sleale delle produzioni straniere realizzate in condizioni di dumping sociale, ambientale con rischi concreti per la sicurezza alimentare dei cittadini».