Corona si difende: "Soldi puliti, avrei pagato le tasse"
«Non ho mai guadagnato un euro in modo illecito in vita mia, quei soldi sono frutto del mio lavoro frenetico degli ultimi 10 mesi e avevo intenzione di pagare le tasse e mettermi in regola». Fabrizio Corona, in carcere da lunedì scorso con l'accusa di intestazione fittizia di beni, ha spiegato così nel corso dell'interrogatorio di garanzia il perché 1,7 milioni di euro fossero nascosti nel controsoffitto del loft della sua collaboratrice Francesca Persi, che questa mattina si è dimessa dall'incarico di amministratrice dell'agenzia Atena Srl. E perché avesse fatto depositare alla donna, anche lei a San Vittore da quattro giorni, altri 900 mila euro in due diversi conti correnti in istituti di credito austriaci. «Quei soldi trovati nel controsoffitto e anche quelli in Austria - ha detto Corona al gip Paolo Guidi, stando a quanto riferito da suo avvocato Ivano Chiesa - sono frutto del lavoro mio e della società Atena, mesi di lavoro frenetico che ho portato avanti da quando ho ottenuto l'affidamento in prova sul territorio» nell'ottobre scorso «fino all'altro giorno». Dopo aver nascosto parte di quei compensi guadagnati in nero e averne portata un'altra parte all'estero «avevo intenzione di dare una svolta alla mia vita - ha aggiunto Corona - di pagare le tasse e le sanzioni e di mettermi in regola». Una scelta insolita, certo, ma che secondo l'avvocato Chiesa non sarebbe nemmeno evasione fiscale «perché i termini per pagare le tasse sono ancora aperti». «Se avessi voluto far sparire quel denaro - ha spiegato Corona al gip - ci avrei messo poco». Sarebbe bastato contattare un professionista che avrebbe fatto arrivare facilmente i contanti qualche paradiso fiscale. L'intento di Corona, invece, sempre secondo il suo legale, era quello di trovare il modo di pagare l'Iva e far rientrare in Italia i capitali depositati a Innsbruck «per poi potersi anche godere un po' la vita». Progetti che adesso sembrano lontanissimi. Per cercare di uscire dalla difficile situazione in cui si trova, l'ex agente dei fotografi dei vip ha deciso di rispondere a tutte le domande del giudice, di rivelare che in Austria aveva fatto aprire due diversi conti correnti e insieme a Francesca Persi «ha dato il consenso alla rogatoria e questo vuol dire che la Procura non farà nessuna fatica andare a prendere il denaro». Anche la collaboratrice di Corona, assistita dall'avvocato Cristina Morrone, ha deciso di collaborare. «Sta reagendo bene, è lucidissima, è solo molto preoccupata per i suoi figli», ha spiegato il legale, che presenterà istanza di scarcerazione «perché per il reato di cui è accusata, il carcere è davvero troppo». Anche i difensori di Corona, gli avvocati Chiesa e Antonella Calcaterra, hanno intenzione di chiedere un'attenuazione della misura cautelare, nella speranza che possa uscire nuovamente dal carcere. Opzione possibile solo se l'8 novembre il giudice del Tribunale di Sorveglianza di Milano Giovanna Di Rosa, che nel giugno del 2015 aveva concesso all'ex re dei paparazzi l'affidamento in prova ai servizi sociali e all'inizio della settimana lo ha sospeso, dovesse decidere di non revocare la misura. Senza contare che un ulteriore ostacolo sul cammino di Corona lo ha messo la Procura di Milano, che ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo di annullare il provvedimento con cui il gip Ambrogio Moccia, alla fine di settembre aveva evitato il suo rientro in cella. Il gip Moccia, infatti, aveva riconosciuto la continuazione tra i reati di estorsione, tentata estorsione e bancarotta, per i quali è stato condannato in via definitiva e stabilito che la pena residua che l'ex re dei paparazzi deve scontare è di 5 anni e un mese. I pm Nunzia Gatto e Nicola Balice, invece, sostengono che il gip Moccia, non solo «non si è uniformato», come prevede la legge, alla sentenza della Suprema Corte e ha «contestato e criticato espressamente la sentenza di annullamento» del precedente provvedimento con cui era stata riconosciuta la continuazione. Ora la parola passa di nuovo agli Ermellini.