Il figlio del boss Santapaola in contatto con un islamico "sospetto"
Del binomio mafia-terrorismo islamico si è parlato, in questi ultimi giorni, per ipotizzare che la presenza di Cosa Nostra in Sicilia terrebbe a debita distanza i carnefici dell’Isis. Ma dalle carte dell’inchiesta “Fumo dai fiori” sullo spaccio di droga, condotta dalla procura di Ragusa, spunta un sospetto, che per ora rimane solo tale, che va nella direzione opposta. I magistrati, infatti, tenendo sott’occhio le persone coinvolte nel giro di droga fra le località di Vittoria, Comiso, Santa Croce Camerina e Acate, sono incappati nei rapporti, definiti «di grandissima familiarità», fra Francesco Santapaola, figlio del capomafia Nitto, e Ben Brahim Tarak, tunisino di 38 anni che gli inquirenti considerano un terrorista islamico. Il collegamento fra l’ultimogenito del boss e l’islamista è emerso nel corso delle intercettazioni telefoniche con le quali la Guardia di Finanza teneva sotto controllo i sospettati. Il procuratore Carmelo Petralia ha infatti affermato che i due «avevano rapporti assidui e grazie alle telefonate intercettate siamo risaliti all'identità» di quello che nelle conversazioni veniva chiamato solo col nome di battesimo. Brahim Tarak non è un tunisino qualunque. Nel gennaio scorso è stato fermato e sottoposto a una perquisizione nel corso della quale gli agenti non hanno rinvenuto solo un grosso quantitativo di droga, ma anche un manoscritto e degli appunti scritti in arabo nei quali erano chiari i riferimenti al martirio religioso, verso il quale Tarak inneggiava. Dall’inchiesta è emerso che fra il tunisino e Francesco Santapaola non c’è stato nessun passaggio di droga, una ragione di più per insospettire gli inquirenti. Anche per via di quel «cosa ti serve» più volte pronunciato dal figlio del boss all’indirizzo di Tarak. Circostanza, quest’ultima, che ha portato la procura ad aprire un’indagine su Santapaola per fare piena luce sulla vicenda, pur non disponendo per lui nessuna misura cautelare. Conseguenze ci sono state, al contrario, per il tunisino, destinatario di un provvedimento d’espulsione dopo la segnalazione al Viminale. Come ricorda il sito meridianonews.it, Tarak era in stretti rapporti anche con Mounir Bensihamdi, un 43enne algerino che secondo gli inquirenti sarebbe a capo dell’intricato e grosso giro di droga nel ragusano, capace di produrre molti milioni di euro che non è escluso vengano reinvestiti in apparati terroristici. E a proposito di mafia e Isis, se è vero che pochi giorni fa il vicepresidente della Commissione Antimafia Claudio Fava ha affermato che la Sicilia può, in effetti, «essere considerata fuori dal rischio di infiltrazioni dell'Isis per la presenza della mafia», è anche vero che prima lo storico Salvatore Lupo ha respinto la tesi, sostenendo che «dire che la mafia ha un controllo del territorio tale da respingere le infiltrazioni del terrorismo è una visione romantica e pericolosa», e poi gli studiosi del Centro di ricerca «Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies», sentiti da meridianonews.it, hanno sottolineato che fra le due entità sono possibili «rapporti commerciali» basati su traffico di armi, droga ed esseri umani.