Pino Daniele tradito dal cuore malato

Non è stato un infarto a fermare il cuore di Pino Daniele, ma un decadimento cardiaco che ha provocato un edema risultato fatale al cantautore partenopeo. I periti della Sapienza che, su disposizione dei magistrati di piazzale Clodio, hanno curato l’esame autoptico sul corpo del cantante ne sono certi e nella relazione consegnata ieri nelle mani del procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e del suo sostituto Monteleone spiegano che è stata la progressiva perdita di energia del cuore a causare la morte dell’artista. I risultati raggiunti dall’equipe che ha curato gli esami chiariscono poi che se Daniele avesse accettato di farsi curare nell’ospedale toscano a due passi dalla sua abitazione, non necessariamente si sarebbe salvato. A causa del problema insorto infatti, un intervento sanitario più celere avrebbe potuto non riuscire a salvare la vita del cantante simbolo del blues tricolore. Pino Daniele era da tempo malato e non era la prima volta che si era reso necessario un intervento dei medici per tamponare le falle di un organo non più pienamente efficiente. La sera del 4 gennaio scorso, mentre l’artista si trovava assieme alla sua famiglia nella sua residenza toscana per un periodo di vacanza, accusò un malore più intenso del solito. Quella sera, complici le vacanze natalizie, Pino Daniele era in casa assieme alla compagna e ai figli Sofia, Francesco e Cristina che consapevoli dei problemi avuti in passato dal parente si attivarono subito. Dalle ricostruzioni effettuate dagli inquirenti era emerso che in un primo momento, anche su suggerimento del cardiologo personale del cantautore che era in contatto telefonico con la famiglia, era stato richiesto l’aiuto del pronto soccorso dell’ospedale di Orbetello che in pochi minuti – erano da poco passate le 21.30 – aveva mandato fuori un’ambulanza con medico a bordo. Il mezzo però non era neanche arrivato presso l’abitazione di Daniele visto che lo stesso aveva optato per il ritorno immediato nella Capitale dove era stata organizzata una visita d’urgenza con il medico personale del cantante. Poi la corsa in auto, guidata dalla compagna di Daniele, verso Roma – distante un paio d’ore dalla località turistica dove si era rifugiato il bluesman – e l’arrivo ormai inutile all’ospedale dell’Eur. Le conclusioni raggiunte dai periti del tribunale ora spiegano che potrebbe non essere stato il ritardo nei soccorsi a stroncare per sempre la vita del «nero a metà» ma un problema che, probabilmente, non poteva essere risolto. L’esame autoptico consegnato ieri in procura va ad aggiungersi al fascicolo che i magistrati romani hanno aperto – senza peraltro iscrivere nessuno nel registro degli indagati – con l’ipotesi di omicidio colposo. La morte del grande autore aveva provocato grande clamore non solo a Napoli e, in occasione dei funerali, una folla fatta di amici, star della musica e dello spettacolo mischiati a semplici fan si era radunata prima a Roma (dove in mattinata si svolse una prima cerimonia) e poi a Napoli: qui il funerale fu tenuto direttamente in piazza Plebiscito per venire incontro alle esigenze delle oltre centomila persone che avevano voluto dare personalmente l’ultimo saluto ad uno dei più grandi cantori della napoletanità contemporanea.