Pasolini, 40 anni dopo torna in procura Pelosi

Tra cinque giorni tornerà nel palazzo di Giustizia. Dovrà rispondere di nuovo alle «stesse» domande. Giuseppe Pelosi non ha ancora chiuso il capitolo sulla morte del poeta-scrittore Pier Paolo Pasolini. Per quale motivo? La procura di Roma ha deciso di convocare il prossimo 25 novembre l’unico condannato per il delitto del regista ucciso la notte tra il primo e il 2 novembre del ’75 all’Idroscalo di Ostia. Pelosi, che ha scontato 9 anni dietro le sbarre, ha ricevuto, attraverso il suo legale Alessandro Olivieri, l’invito per «la presentazione di testimone in qualità di persona giudicata in procedimento connesso». Uguale, dovrà sedersi nuovamente in una stanza del palazzo di Giustizia dal quale sta lontano da anni. Insomma, Pelosi, questa volta come persona informata sui fatti, dovrà rispondere su ciò che avvenne la notte in cui lo scrittore fu trovato senza vita a pochi chilometri dal centro della Capitale. A voler capire cosa sia acccaduto quella notte a distanza di quasi 40 anni, anche i parenti della vittima, rappresentati dall’avvocato Stefano Maccioni e dalla consulente di parte civile Simona Ruffini, che hanno organizzato una petizione internazionale. Magistrati, medici, attori, registi e ufficiali delle forze dell’ordine hanno infatti firmato da tutto il mondo (dagli Stati Uniti al Messico, dalla Germania al Belgio, dalla Gran Bretagna alla Francia, dall’Argentina alla Bulgaria, fino al Brasile e all’Olanda) il documento finito sulla scrivania del procuratore capo di Roma, che ogni giorno si aggiorna automaticamente. A che serve la petizione? Per capire lo stato dell’inchiesta che dal 2009 è stata riavviata. Un silenzio che oltre trecento professionisti da tutto il mondo hanno intenzione di spezzare, tanto che agli inquirenti chiedono esplicitamente di capire per quale motivo non sia stata ancora depositata la chiusura delle indagini dopo tanti anni di accertamenti, interrogatori di testimoni e analisi di reperti che furono recuperati sul luogo del delitto.