Sequestro Melis, flop dei pm. Grauso assolto
Crolla, in appello, un altro pezzo del teorema della procura di Palermo sulla vicenda del noto sequestro di Silvia Melis. Vicenda che aveva visto il coinvolgimento dell’imprenditore sardo Niki Grauso e del giudice cagliaritano Luigi Lombardini, suicidatosi l’11 agosto 1998 proprio in conseguenza delle indagini che lo avevano visto coinvolto. Come si ricorderà, l’11 novembre 1997 Silvia Melis veniva raccolta nelle campagne di Orgosolo dopo 265 giorni di prigionia. Dopo una settimana Grauso, mentre tutti si interrogavano su come la ragazza si fosse liberata, annunciava che la soluzione del sequestro era dovuta al pagamento del riscatto da lui personalmente curato attraverso la consegna dei soldi ai rapitori. La Procura di Palermo, allora diretta da Caselli, non aveva creduto a tale versione ed aveva ipotizzato che Grauso, insieme al giudice Lombardini, inquirente famoso per i numerosi casi di sequestro risolti ed all’epoca della vicenda Melis del tutto esautorato dalle indagini, avesse costruito una storia di estorsioni ai danni del papà di Silvia Melis ed imbastito una calunnia contro i magistrati degli uffici giudiziari di Cagliari. Secondo gli inquirenti, infatti, costoro avrebbero cercato di delegittimare l’operato dei magistrati che dirigevano le indagini, in quanto incapaci di risolvere il sequestro. La tesi seguita dalla Procura palermitana teorizzava che Grauso e Lombardini avessero costretto il padre della sequestrata a recapitare al garante da lui individuato una lettera nella quale veniva rappresentata l’autorizzazione al pagamento del Procuratore Piana. Il giudizio di primo grado si concluse con l’assoluzione di Grauso per il delitto di estorsione riconoscendo che la versione resa dal noto imprenditore circa il suo ruolo nel pagamento del riscatto era vera ma riconobbe fondata l’ipotesi della calunnia ai danni dei magistrati di Cagliari. Oggi, dinanzi alla Corte di Appello di Palermo, Grauso, difeso dagli avvocati Alessandro Diddi e Mario Bellavista, è stato assolto anche da tale imputazione in quanto la tesi dell’operazione organizzata per calunniare i magistrati che conducevano le indagini è stata ritenuta infondata. Si è così sbriciolato anche l’ultimo tassello di un’inchiesta che ha visto non solo un dispiego di uomini e mezzi impressionante ed un processo durato oltre dieci anni, ma che, purtroppo, è costata la vita del giudice Lombardini il quale, nell’agosto del 1998, all’esito di un interrogatorio svolto presso il suo ufficio cagliaritano da Caselli si sparò un colpo in bocca.