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«Craxi e Andreotti hanno fatto uccidere Dalla Chiesa»

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Stato-mafia: al processo di Palermo la deposizione del pentito Onorato, l'assassino di Salvo Lima: «Ma quale trattativa, ho visto la convivenza tra politica e Cosa nostra». C'era un piano per eliminare il «Divo Giulio». Ma quanto è credibile l'ex b oss?

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Dalla Chiesa ucciso su ordine di Craxi e Andreotti, Martelli ministro per volere di Cosa nostra, un piano per ammazzare Andreotti e il figlio. Al processo in corso a Palermo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia sono riecheggiate deposizioni destinate a sollevare nuove polemiche. E a sollevare nuovi dubbi sulla credibilità di pentiti che accusano persone non più in grado di difendersi. Davanti alla Corte d'assise di Palermo, presieduta da Alfredo Montalto, pm Di Matteo e Del Bene, il processo vede imputati ex ufficiali dei Carabinieri, come i generali Mori e Subranni, ma anche l'ex presidente del Senato Mancino e Dell'Utri. In videoconferenza hanno deposto due collaboratori di giustizia, Francesco Paolo Onorato e Gianbatista Ferrante, esecutori materiali, tra gli altri, dell'omicidio di Salvo Lima, avvenuto il 12 marzo 1992 a Palermo, ritenuto il primo «avvertimento» ai politici. Soprattutto Onorato ha fatto affermazioni pesanti, non prima di essersi lamentato perché «lo Stato mi ha lasciato solo». Al punto che stava per non testimoniare. Poi, bontà sua, ci ha ripensato. E ha «sparato» alzo zero: «Sento parlare di trattativa tra Stato e mafia. Ma quale trattativa? Io ho visto la convivenza tra politica, Stato e mafia - ha detto - Toto' Riina ha ragione quando dice che lo Stato lo ha lasciato solo. Prima lo Stato, Craxi e Andreotti, gli hanno fatto fare le cose, gli hanno fatto uccidere il generale Dalla Chiesa. E poi lo hanno lasciato solo. Perché Dalla Chiesa non dava fastidio a Cosa nostra». Un vero uomo d'onore, che ha fatto parte «del gruppo di fuoco della commissione presieduta da Riina». Roba da vantare: «È come la nazionale di calcio». Onorato, pentitosi nel 1996, si è autoaccusato anche dell'omicidio dell'agente del Sisde Emanuele Piazza, strangolato e sciolto nell'acido, e di aver partecipato al fallito attentato nella villa dell'Addaura del giudice Falcone. Come fallì il tentativo di mettere in giro la voce che si trattava di una messinscena organizzata dal giudice, con l'obiettivo di screditarlo. Ovviamente, su pressione dei politici. Secondo Onorato - che apprendeva le informazioni da Salvatore Biondino, coordinatore della commissione provinciale e braccio destro del «capo dei capi» assieme al quale fu arrestato il 15 gennaio 1993 - dopo la conferma delle condanne del maxi processo in Cassazione, ad inizio 1992, Riina se avesse potuto i politici li «avrebbe uccisi tutti». Tuttavia c'era una lista: «I primi erano Lima e Andreotti. Ma c'erano anche Calogero Mannino, Vizzini, i cugini Salvo, Claudio Martelli, Serafino Ferruzzi e Raul Gardini». Cosa nostra, ha raccontato Onorato, era adirata anche con l'allora ministro della Giustizia: «Io da reggente della famiglia di Partanna Mondello, tra il 1987 e il 1988 presi 200 milioni per finanziare Martelli perché si diceva che faceva uscire i mafiosi dal carcere. L'abbiamo fatto diventare ministro noi». Onorato ha spiegato di aver appreso da Biondino del «progetto di uccidere Andreotti e il figlio. Si stavano interessando i fratelli Graviano a Roma. C'era qualche problema perché gli venne rinforzata la scorta. Ma l'omicidio si sarebbe fatto». Duro il commento del figlio di Bettino Craxi, Bobo: «Il problema non sono solo certi pentiti ma i pubblici ministeri e i giudici che lasciano parlare queste persone a ruota libera, senza che nemmeno li sfiori l'ipotesi di incriminarli per calunnia».

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