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Attentato Adinolfi: in tribunale il delirio anarchico

++ GAMBIZZATO GENOVA: FONTI SICUREZZA, TECNICA BRIGATISTA ++

Il pm ha chiesto 12 anni per Cospito e 10 per Gai che hanno ammesso la propria responsabilità nel ferimento dell'ad di Ansaldo Nucleare a Genova con un proclama farneticante

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Hanno ammesso le loro responsabilità con un atteggiamento che rasenta il disprezzo Alfredo Cospito e Nicola Gai, i due anarchici del Nucleo Olga della Fai-Fri accusati di avere sparato all'ad di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi la mattina del 7 maggio 2012 a Genova e nei confronti dei quali è iniziato questa mattina il processo per lesioni con l'aggravante della finalità di terrorismo, furto e detenzione di arma. Il processo, a porte aperte per quanto sia in rito abbreviato, per specifica richiesta degli imputati, è presieduto dal gup Annalisa Giacalone. Il pm Silvio Franz ha chiesto 12 anni per Cospito e 10 per Gai. All'esterno di un tribunale blindato circa duecento manifestanti di area anarchica si sono dati appuntamento per dare solidarietà agli imputati. Applausi del pubblico che ha gridato «Viva», «ciao Nico», «Siamo sempre qui», «veniamo a salutarvi tutti». Gli imputati hanno risposto con i pugni alzati. Ben presto la situazione è degenerata in indegna gazzarra. Cospito e Gai sono stati allontanati dall'aula perché Cospito ha preteso di leggere un proclama mentre il giudice Annalisa Giacalone glielo impediva sul momento, scatenando disordini e urla «Zitta», «Fascista» contro il giudice che ha poi dato l'autorizzazione agli imputati di rientrare nel prosieguo del processo. Il gup ha interrotto Cospito quando ha cominciato a parlare: «Nessun altro ha partecipato al nostro progetto. Siamo solo io e Nicola. Noi siamo il nucleo Olga. Non abbiamo avuto paura e abbiamo finito le autogiustificazioni - ha proseguito - Noi non riconosciamo questo ordine democratico. Io sono anarchico e nichilista perché agisco e non sono più nell'attesa di una rivoluzione». Il gup ha proceduto all'acquisizione degli scritti sia di Cospito, che gli è stato lanciato contro, che di Gai, consegnato regolarmente. I due proclami sono stati messi agli atti del processo e il magistrato ne ha poi letto alcuni stralci. Dalla confessione-rivendicazione emergono dettagli sull'azione («5 sopralluoghi»), sull'acquisto dell'arma («al mercato nero per 100 euro»), sulla fuga ritardata da una frase della vittima («Bastardi so chi vi manda»), sugli errori compiuti («targa scoperta dello scooter»). In particolare Cospito attribuisce un significato importante alla frase che sarebbe stata gridata da Roberto Adinolfi ai suoi attentatori: «Capii - ha scritto - che avevamo messo le mani in un letamaio. Rimasi pietrificato. Persi alcuni secondi. Adinolfi ebbe il tempo di leggere alcune cifre della targa dello scooter che, inesperti, non coprimmo». Fu proprio il rinvenimento dello scooter (nella foto) a mettere gli inquirenti sulla pista dei due attentatori rei confessi. La richiesta di pena è stata avanzata al termine della requisitoria dell'accusa durata circa un'ora e aperta dall'aggiunto Nicola Piacente. Alle richieste si è associato l'avvocato di parte civile Corrado Pagano. Gli imputati non hanno mostrato alcun segno di pentimento, anzi. Gai ha citato la canzone di Caterina Caselli «Nessuno mi può giudicare» mentre Cospito nel suo scritto afferma che «In una splendida mattina di maggio ho agito e in quelle poche ore ho goduto a pieno della vita. Per una volta mi sono lasciato alle spalle paura e autogiustificazioni e ho sfidato l'ignoto. In un'Europa costellata di centrali nucleari, uno dei maggiori responsabili del disastro nucleare che verrà è caduto ai miei piedi». Un delirio senza freni: «Non permetterò - ha aggiunto l'anarchico - che il mio agire, per distogliere l'attenzione dal vero obiettivo dell'azione, venga messo in un osceno, assurdo calderone massmediatico e giuridico fatto di 'eversione dell'ordine democratico', 'associazione sovversiva', 'banda armata', 'terrorismo'; frasi vuote in bocca a giudici e giornalisti». E ancora: «Con tutte le mie forze disprezzo i potenti della terra, siano essi politici, scienziati, tecnocrati, capi popolo, leader di ogni risma, burocrati, capi militari e religiosi. L'ordine che voglio abbattere è quello della civilizzazione che giorno dopo giorno distrugge tutto ciò per cui vale la pena vivere. Stato, democrazia, classi sociali, ideologie, religioni, polizia, eserciti, il vostro stesso tribunale sono ombre, chimere, ingranaggi tutti sostituibili di una mega macchina che tutto comprende. La tecnologia un giorno farà a meno di noi trasformandoci tutti in automi sperduti in un panorama di morte e desolazione».

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