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Allarme dell'Oms: ogni anno si suicidano un milione di persone

Suicidio e depressione

Nei paesi industrializzati il suicidio è la seconda o la terza causa di morte tra adolescenti e adulti.

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Sinead O'Connor ci è andata vicina. Adolf Hitler e l'amante Eva Braun lo fecero insieme, in un bunker. Luigi Tenco ha preferito farlo in solitudine, nella sua camera dell'albergo Savoy. Dalidà l'ha seguito a breve. David Corradine si è impiccato. E così via. È lunga la lista di chi si è suicidato. Nomi noti, ai quali si affiancano un mondo di persone sconosciute spinte a un gesto estremo capace di scrivere la parola fine alla propria esistenza. L'Oms stima che ogni anno nel mondo muoiano un milione di persone per suicidio (due morti ogni minuto) con un tasso di mortalità di 14,5 su 100.000 abitanti. In molti paesi industrializzati il suicidio è la seconda o la terza causa di morte tra gli adolescenti e i giovani adulti e si prevede un trend di circa un milione e mezzo nel 2020. Ma cosa spinge a farla finita? “Innanzitutto, per comprendere il suicidio, è necessario prima comprendere il dramma che si svolge nella mente dell'individuo, il suo stato soggettivo”, dice Maurizio Pompili, direttore del Servizio per la Prevenzione del Suicidio dell'Azienda Ospedaliera Sant'Andrea della Sapienza a Roma. Spiega l'esperto: “Gli individui tuttavia, nel momento più intenso della crisi, percepiscono il loro dramma interiore come inaccettabile e sono preda di una perdita di controllo. Spesso, questi stessi individui, in crisi e a rischio di suicidio, sentono di non poter ridurre il dolore; il loro pensiero è come offuscato; impossibile diviene prendere decisioni e vedere soluzioni; le abitudini alimentari, del sonno e le abilità lavorative subiscono modifiche; l'emergere da sentimenti depressivi non è visto come possibile; mancano aspettative di cambiamento e il vedersi come individui di valore, capaci di affermarsi tra gli altri e mantenere il controllo nella varie situazioni della vita, come qualcosa di irraggiungibile. Avere interlocutori sensibili pronti a farsi carico di questa sofferenza permette all'individuo di approdare in un porto sicuro e di poter valutare altre opzioni per una vita che egli vuole assolutamente che continui, ammesso che si riduca il dolore mentale divenuto insopportabile”. Ma questo è solo l'inizio, la punta di un iceberg che oggi è stato protagonista di un forum, prendendo come spunto la Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio. Studiosi e professionisti della salute mentale si sono dati convegno presso l'aula magna Carlo Urbani dell'Azienda Ospedaliera Sant'Andrea (Roma), per una due giorni sul tema “Stigma: un grande ostacolo per la prevenzione del suicidio”. All'evento, numerose le associazioni di “survivors” e professionisti della salute mentale decise a fare il punto della situazione. Tutto sotto il segno negativo rappresentato dallo stigma, associato a coloro che hanno tentato il suicidio o alle persone che hanno perso un caro per suicidio e costituisce uno dei principali problemi legati al fenomeno. È stato riscontrato, infatti, una tendenza all'emarginazione da parte della comunità nei confronti dei “sopravvissuti” o dei familiari coinvolti. Sapere il motivo è difficile. Sempre l'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) considera il suicidio un problema complesso non ascrivibile a una sola causa o a un motivo preciso, ma il risultato di una ampia interazione di fattori biologici, genetici, psicologici, sociali, culturali ed ambientali. Tuttavia, l'obiettivo della manifestazione è quello di sensibilizzare nel contesto italiano - attraverso l'informazione, la rassicurazione ed efficaci campagne anti-discriminazione - tutti gli attori coinvolti per approcciare al fenomeno nel modo più giusto.

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