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L'appello di Papa Francesco per la fine dei conflitti

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Nel primo messaggio Urbi et Orbi appelli per la pace tra israeliani e palestinesi, per la Siria, per la Corea. Ma anche una ferma difesa della vita e della famiglia e la condanna di narcotraffico, tratta di esseri umani, sfruttamento iniquo delle risorse

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Pace e speranza. Ma anche difesa della vita e della famiglia senza tentennamenti. Sono i temi principali del primo messaggio «Urbi et Orbi» di Papa Francesco, letto solo in italiano, senza i soliti saluti in circa 60 lingue come usavano fare i suoi predecessori. L'immagine che resterà impressa, ancora una volta, sarà quella del tenerissimo abbraccio del Pontefice ad un giovane disabile durante il giro sulla jeep in piazza San Pietro. Un giro durante il quale un gruppo di argentini gli ha donato anche la maglia dell'amata squadra del San Lorenzo con il suo nome stampato sopra. Davanti a una folla di 250mila fedeli che riempiva anche via della Conciliazione, in uno scenario reso ancor più splendente dai 40.000 fiori giunti dall'Olanda, il Papa ha invitato a domandare «a Gesù risorto che trasforma la morte in vita, di mutare l'odio in amore, la vendetta in perdono, la guerra in pace. Sì, Cristo è la nostra pace e attraverso di Lui imploriamo pace per il mondo intero». «Pace per il Medio Oriente, in particolare tra Israeliani e Palestinesi - è stato l'appello del Santo Padre - che faticano a trovare la strada della concordia, affinché riprendano con coraggio e disponibilità i negoziati per porre fine a un conflitto che dura ormai da troppo tempo. Pace in Iraq, perché cessi definitivamente ogni violenza, e, soprattutto, per l'amata Siria, per la sua popolazione ferita dal conflitto e per i numerosi profughi, che attendono aiuto e consolazione. Quanto sangue è stato versato! E quante sofferenze dovranno essere ancora inflitte prima che si riesca a trovare una soluzione politica alla crisi?» si è chiesto Papa Francesco. «Pace per l'Africa - ha continuato il Pontefice - ancora teatro di sanguinosi conflitti. In Mali, affinché ritrovi unità e stabilità; e in Nigeria, dove purtroppo non cessano gli attentati, che minacciano gravemente la vita di tanti innocenti, e dove non poche persone, anche bambini, sono tenuti in ostaggio da gruppi terroristici». Il Santo Padre ha poi rivolto un invito alla pace nella Repubblica Democratica del Congo e nella Repubblica Centroafricana «dove in molti sono costretti a lasciare le proprie case e vivono ancora nella paura». Non poteva mancare uno «sguardo» alla Corea, fonte di preoccupazione per il Papa e per il mondo intero: appello «perché si superino le divergenze e maturi un rinnovato spirito di riconciliazione». Infine Francesco ha ricordato che il mondo è ancora «diviso dall'avidità di chi cerca facili guadagni, ferito dall'egoismo che minaccia la vita umana e la famiglia, egoismo che continua la tratta di persone, la schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo» ed è «dilaniato dalla violenza legata al narcotraffico e dallo sfruttamento iniquo delle risorse naturali. Pace a questa nostra Terra. Gesù risorto porti conforto a chi è vittima delle calamità naturali e ci renda custodi responsabili del creato».

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