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I Casamonica hanno studiato: parlano da politici

Marco Gorra
Marco Gorra

COSE CHE CAPITANOMarco GorraMarco Gorra, nato a Roma nel 1982. Giornalista, batterista, portiere

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La culla dorata trovata in una delle villette sequestrate ai Casamonica (LaPresse) Foto: La culla dorata trovata in una delle villette sequestrate ai Casamonica (LaPresse)
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Che i Casamonica non fossero gente abituata a cedere senza combattere era intuibile. Che si rivelassero però così spettacolarmente attrezzati per la resistenza se lo aspettavano veramente in pochi. L'immagine che dei Casamonica restituiscono le cronache degli ultimi due giorni, infatti, è lontana anni luce da quella - diventata negli anni vulgata stante quella certa unidimensionalità del racconto mediatico che ne veniva fornito - del rozzo clan di borgata tutto maniere spicce e zero fronzoli. Viene fuori invece che i Casamonica sono lesti anche di lingua e che, coerentemente con lo spirito del tempo, esercitano tale lestezza con vocabolario e argomentazioni che nulla hanno da invidiare al repertorio di quei politici che, mica tanto metaforicamente, stanno loro passando sopra con la ruspa. Per esempio: senti il patriarca Nando che, informato del blitz in corso, lamenta il doppio standard di un governo che con una mano ostende in favore di telecamera la lotta dura contro l'abusivismo al Quadraro mentre con l'altra mano passa ripetutamente la spugna sull'abusivismo di Ischia e ti pare di stare guardando un talk show di prima serata coi dichiaratori d'opposizione che inchiodano il governativo di turno alle proprie incoerenze (dopodiché uno potrebbe essere indotto a riflettere sul degrado dell'odierno discorso pubblico, ma trattasi di altro paio di maniche). Oppure senti la consorte del citato Nando prendersela con la Raggi perché «A Roma ce stanno i sorci dappertutto, le buche, non funziona niente» e l'inquilina del Campidoglio pensa bene di «farsi bella sulla nostra pelle venendo a fare la passerella dopo lo sgombero» e ci ritrovi in purezza quel formidabile mix di benaltrismo e retorica tanto al chilo che da due anni buoni a questa parte costituisce obbligatorio fondamento di qualsivoglia critica venga mossa da chicchessia all'operato della giunta comunale a cinque stelle. E che dire dell'afflato sovranista della donna che, braccata dai cronisti all'uscita della ruspanda villetta prorompe in un «Noi siamo italiani da sette generazioni e voi che fate, aiutate gli stranieri e gli italiani no»? Pare presa dritta dritta da un comizio leghista, e c'è da sospettare che se le agenzie hanno omesso di riportare le generalità della signora è per scongiurare di ritrovarsela candidata alle prossime Europee. Né si pensi che di sola oratoria viva la resistenza dei Casamonica. I nostri si rivelano infatti più che versati anche nelle declinazioni meno ortodosse della contesa politica. A partire - e anche qui di aderenza allo Zeitgest ce n'è pure troppa - da quella tribunalizia. E allora tutto si può fare fuorché restare stupiti innanzi l'avvocato di alcuni parenti Casamonica che annuncia la battaglia legale per fermare le demolizioni. L'esperienza, d'altronde, insegna che un ricorso non si nega mai a nessuno e che spesso e volentieri un giudice con la necessaria flessibilità interpretativa salta fuori. E allora tentar non nuoce. Ove falliscano le carte bollate, resta da ultima la cara, vecchia caciara. E pure qua i Casamonica dimostrano di non avere lezioni da prendere da nessuno. Prova ne è la muscolare prova di forza messa in atto nella tarda mattinata di ieri mediante corteo di auto strategicamente incolonnato su via del Quadraro onde bloccare per ore l'interstrada trasformando il quartiere in campo di battaglia. Se la politica pensava di avere vita facile e di incassare gratis i dividendi in termini di consenso dell'operazione Casamonica, be', pensava male. Il contrappasso, alle volte, arriva in sella a una ruspa.

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