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La fretta che ha lanciato Renzi. E che ora lo condannerà

Viareggio, un'anteprima dei carri che sfileranno al carnevale 2017. Vi è raffigurato l'ex premier Matteo Renzi (LaPresse)

Carlantonio Solimene
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C'è stato un momento in cui sembrava che, in Italia, a Matteo Renzi non ci fossero alternative. Quella fase è coincisa con le elezioni europee del 2014, non a caso il periodo di maggior consenso per il Partito Democratico. Poi qualcosa nella narrazione renziana si è rotto. Il Paese non ha ricominciato a correre come promesso dal premier, a livello locale le amministrazioni del Pd si sono dimostrate tutt'altro che irreprensibili, l'opposizione ha ricominciato a organizzarsi. Se si votasse oggi, il MoVimento 5 Stelle partirebbe con il vento in poppa nonostante gli scandali che stanno travolgendo il Campidoglio guidato da Virginia Raggi. Anzi, la fretta di Grillo di andare alle urne è dovuta probabilmente anche alla necessità di anticipare eventuali condanne ai danni della sindaca di Roma. Il centrodestra, seppur con più fatica, sta dimostrando di essere più vivo di quanto i suoi detrattori sperassero. Domani saranno in piazza a Roma Meloni, Salvini, Toti e tanti altri rappresentanti della “new age” sovranista. Intanto proprio Toti, con gli altri governatori del nord Maroni e Zaia, è al lavoro per creare un asse trasversale che potrebbe vedere il governatore del Veneto, in cima a tutte le classifiche di popolarità tra gli amministratori, come candidato premier. Questo confliggerebbe con le ambizioni di Salvini e la voglia di centralità di Berlusconi, ma darebbe al centrodestra una proposta politica molto concreta in grado di puntare direttamente a Palazzo Chigi e non a larghe intese dopo le urne. L'unico partito davvero impreparato al voto, in questo momento, sembra il Pd. Che ha un leader inviso a buona parte dei suoi parlamentari, almeno due-tre governatori pronti a sfidarlo (Rossi ed Emiliano su tutti) e un governo costretto a licenziare presto una manovra correttiva lacrime e sangue. Eppure Renzi spinge al massimo per andare a votare al più presto. Timoroso di perdere il controllo del partito e voglioso di prendersi una bambinesca rivincita dopo il referendum. Un atteggiamento politicamente incomprensibile e indice di un leader ormai fuori controllo. Il segretario del Pd avrebbe dovuto mostrare più pazienza dopo la sconfitta referendaria. Invece la stessa fretta che ne ha segnato l'ascesa al vertice della politica potrebbe segnare presto anche il definitivo tramonto della sua stella.

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