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Wikipedia, Renzi e i complottisti del web

I “leoni da tastiera Foto: I “leoni da tastiera"
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“Forse quel giornalista dovrebbe essere sospeso dall'ordine” commenta su Internet tal Massimo. Ecco, quel giornalista sarei io. E il motivo per cui dovrei essere esposto al pubblico ludibrio sta in un fatterello talmente paradossale da meritare di essere raccontato. Alcuni giorni fa, il collega che stava scrivendo l'articolo sulla conferenza stampa di Matteo Renzi sui mille giorni del suo governo mi chiede se lo aiuto a trovare qualche numero da mettere in pagina. Siccome il premier ha citato Berlusconi e Craxi come titolari degli unici esecutivi più longevi del suo, penso sia interessante inserirne i giorni esatti di durata. Così digito su Google “governi italiani più longevi”. Il primo link suggerito dal motore di ricerca è la pagina di Wikipedia “Governi italiani per durata”. Dopo averla aperta mi accorgo che qualcuno ha già inserito la data di dimissioni di Renzi, il 4 dicembre. Guarda caso, il giorno del referendum. Penso si tratti di uno scherzo, lo racconto ai colleghi e decidiamo di scriverci una notiziola per il sito internet de Il Tempo con tanto di screenshot. Dopo un'oretta, al momento di scrivere sul fatterello anche una fotonotizia sul cartaceo, ci accorgiamo che nel frattempo la pagina è stata corretta. Così, aggiungo un p.s. all'articolo del sito per dare conto dell'ulteriore modifica. Fin qui i fatti. Piuttosto banalotti, lo ammetto. La costruzione della “meta-realtà” comincia la mattina successiva. Ricevo una telefonata da un giornalista del Fatto Quotidiano che mi chiede di spiegargli come sono andate le cose. Io sono meravigliato da cotanto interesse, ma mi presto volentieri. Gli racconto la vicenda e lui aggiunge un particolare che non conoscevo. Ovvero che le due modifiche alla pagina di Wikipedia sono avvenute a un solo minuto di distanza e dietro c'è stata la stessa mano, ovvero lo stesso indirizzo Ip. Di un utente, peraltro, che non era mai intervenuto prima sull'enciclopedia on line. Per inciso, per mettermi a parte delle sue scoperte deve guidarmi passo passo sulla pagina in questione, poiché io – e mi vergogno a confessarlo vista l'epoca in cui viviamo – sono tutto fuorché un esperto delle tecnologie del web. Penso che la faccenda sia finita lì. Invece nel pomeriggio sul sito del Fatto Quotidiano compare un lungo articolo “d'inchiesta” dove l'intera vicenda viene definita “un giallo” e vengono citate anche mie frasi pronunciate in una conversazione che ritenevo confidenziale e non certo un'intervista. Poco male, in effetti, perché non faccio altro che ribadire che trattasi di coincidenza. Molto curiosa, se si vuole, ma sempre coincidenza. Fin qui niente di scandaloso, ognuno utilizza il suo tempo professionale nel modo migliore in cui crede. Tra i lettori dell'articolo, però, affiora il sospetto che a fare le due modifiche sia stato proprio io. O magari un mio complice. E così nei commenti si scatenano i leoni da tastiera. C'è chi lo definisce un grande “contro scoop” e chi sostiene che io sarei stato “sputtanato”. Addirittura su Wikipedia una pagina ospita una discussione in cui quel pezzetto sul sito de Il Tempo viene definito un “tarocco scoperto dal Fatto”. Nessuno che si ponga, però, la più semplice delle domande: perché avrei dovuto organizzare una messinscena simile? Solo per scrivere un articoletto sul sito del Tempo che, a naso, difficilmente mi farà vincere il premio Pulitzer? E avrei messo in piedi tutto questo mentre stavo già scrivendo altri due lunghi articoli per il cartaceo? Un indizio lo fornisce un altro commentatore, tale Marco Bechini: “Gombloddo, grillini hacker ghost! Urge interpellanza parlamentare!”. Quindi io avrei organizzato questo finto “scoop” (sigh) per permettere al governo di dare la colpa ai grillini. Vuoi mettere? “Altro che le firme false a Palermo, questi falsificano anche Wikipedia! E vorreste affidar loro il governo del Paese?”. Infine, per non si sa bene quale motivo, sarei andato personalmente a correggere la pagina senza aspettare che lo facesse qualcun altro. Magari per paura che altri giornalisti potessero soffiarmi il succitato “scoop” o per cancellare le tracce… Ecco, ringrazio il collega del Fatto per tanta pubblicità, non la meritavo. E a chi ha speso tanto del suo tempo a fare congetture su questa vicenda, confesso: sono colpevole, amici. Mi pento e mi unisco a voi: c'è da combattere contro le scie chimiche, i chip sottopelle e quel falso mito dello sbarco sulla luna…

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