qui lazio

Lazio, giù le mani da Immobile: capitano in crisi, ma critiche esagerate

Luigi Salomone

Ciro Immobile ha fatto esultare il popolo laziale centonovantotto volte (miglior marcatore nei 123 anni di storia del club con cui ha disputato 306 gare) eppure è bastata qualche prova sotto tono, peraltro come molti dei suoi compagni, per subire una pioggia di critiche ingiuste. Per carità, gli odiatori seriali dei social non fanno testo, ma alcuni tifosi hanno alimentato il dualismo con Castellanos e salutato il primo gol dell’argentino domenica scorsa contro l’Atalanta come una liberazione. Immobile vive un momento negativo, l’inizio coincide con quel maledetto incidente d’auto che ha lasciato il segno su un ragazzo fantastico (chiunque è padre può capire la paura per il pericolo corso dalle proprie figlie), però considerarlo come un vecchio (a febbraio compirà 34 anni) da buttare via, è frutto di valutazione sbagliate oltre che dall’autolesionismo di una parte dell’ambiente laziale. Il Taty è forte, troverà il giusto spazio ma metterlo in concorrenza con Ciro è un errore che nessuno dovrebbe commettere.

 

  

 

Sta per toccare le duecento reti in A, è l’ottavo marcatore della storia dei campionati a girone unico, può salire ancora in questa classifica e regalare gioie ai suoi tifosi. Certo, due anni fa aveva giocato 40 partite e segnato 32 reti complessive, la stagione passata, anche per colpa di continui problemi fisici, la media è scesa con «solo» 14 gol in 32 gare, però finora ha realizzato due reti in nove partite (vanno aggiunti tre pali) e gli altri attaccanti non è che abbiano fatto tanto meglio. Per non parlare del putiferio scoppiato in nazionale quasi fosse lui il colpevole di storici fallimenti del calcio italiano. Una vergogna mai vista nei confronti di un uomo invidiato perché bravo a giocare a calcio e con una bellissima famiglia. In estata c’è stata la tentazione araba che forse si riproporrà a gennaio ma, a prescindere dalle scelte personali, nessuno potrà mai dimenticare quanto fatto da Immobile.

 

Quando, ad esempio per chi ha la memoria corta, ha disputato partite mezzo stirato o col ginocchio malandato pur di non lasciare sola la Lazio. Ha saputo tenere il gruppo unito, a volte ha fatto anche il ds «ombra» chiamando colleghi per venire nella Capitale. Tutto questo pesa, tanto e dovrebbe essere ricambiato da amore e riconoscenza, non mugugni al primo calo di forma o gol sbagliato. Poi c’è il futuro che si chiama Sassuolo e poi Feyenoord, Ciro lavorerà a Formello per superare un noioso affaticamento ai flessori (ieri ancora riposo). Vuole sfruttare la mancata convocazione del ct Spalletti per ritrovare la forma migliore e affrontare il prossimo ciclo di sei gare in 21 giorni al meglio e tornare subito in azzurro per decisive sfide contro Macedonia e Ucraina. Ciro prepara il riscatto: il risultato finale della stagione della Lazio dipende dai suoi gol, come al solito.