
Il sogno di Roby Facchinetti: "Questo Parsifal è il mio testamento"

Roby Facchinetti si rimette in gioco. Lo fa con un progetto titanico di cui ci ha parlato nell’edicola degli artisti de Il Tempo (GUARDA LA VIDEO INTERVISTA). Il «Parsifal - L’uomo delle stelle» è un’opera prog nata con i suoi due amici per sempre Stefano D’Orazio e Valerio Negrini. Portata a compimento con caparbietà e ora pronta a conquistare i palcoscenici di tutto il mondo.
Roby Facchinetti, siamo nel cuore di Roma. Che rapporto ha con la nostra città?
«La prima volta che venni a Roma fu nel 1964. Entrai in una band che suonava in locali importanti, compresi i night club. Qui c’era il Caprice, vicino via Veneto. Quando arrivammo a Roma in autostrada c’era un tramonto bellissimo.
Indimenticabile. A quell’epoca Roma era la capitale del cinema e si poteva incontrare chiunque. Si respirava un’atmosfera straordinaria, speciale. Non potevi non innamorarti».
Oggi come la trova Roma?
«Ho un cattivo rapporto con il traffico. Per chi arriva nella città più bella del mondo, trovare queste difficoltà non è il massimo. Ma Roma è talmente bella che le si perdona tutto. Come si fa con le belle donne».
Dall’album «Parsifal» del 1973 all’opera prog «L’uomo delle stelle». Com’è nato un progetto così ambizioso?
«Dopo il Parsifal del ’73 ho letto tutto su questo personaggio e me ne sono innamorato. È un vero eroe, un cavaliere senza macchia che sta sempre dalla parte giusta. Un eroe come lui ci vorrebbe adesso, in un mondo ingiusto e orribile come quello di oggi. Ho cominciato a sognare un’opera che raccontasse tutta la storia. Ma ero convinto che sarebbe rimasto solo un sogno».
Poi cos’è successo?
«Nel 2011 proposi a Valerio Negrini di collaborare dopo il cinquantenale dei Pooh. E nacquero i primi due brani.
Ma nel 2013 Valerio se ne andò. Con i Pooh riuscimmo a riportare sul palco Stefano D’Orazio e la fiamma si è riaccesa. Gli chiesi di collaborare e mi accorsi che non aspettava altro. Ci abbiamo messo tre anni e finimmo a metà settembre 2020. Purtroppo poco dopo se ne andò anche Stefano ma l’opera era pronta. Oltre due ore di musica e cinque anni di lavoro. Un’impresa che poteva diventare impossibile».
Cosa l’ha spinta a non abbandonare il sogno?
«Quando hai qualcosa dentro che ti spinge, un amore, una voglia o un desiderio profondo, se non ce la fai tu è la vita che ti viene in aiuto. Si sono verificati una serie di miracoli e forse è arrivato anche un che mi suscitasse un’emozione forte».
Recentemente ha rivelato un episodio traumatico, di aver subìto una rapina in casa. Cosa ricorda di quei momenti drammatici?
«Una cosa che non si può neanche immaginare. Mancavano 5 minuti alle 9 e abbiamo vissuto tre quarti d’ora di terrore. Avere una pistola puntata è una sensazione terribile che ti rimane dentro. Pensi alla tua famiglia e si accavallano milioni di pensieri. Quel giorno poteva finire malissimo. Dopo tre quarti d’ora di terrore mia moglie è collassata, i ladri si sono spaventati e sono andati via minacciandoci di non denunciare perché sapevano dove abitiamo. Questo episodio ha cambiato la nostra vita. Solo due mesi fa hanno abbandonato le ricerche ma credo sia la stessa banda che è andata a casa di Baggio. Ho trovato forti analogie nel racconto che ha fatto lui: vestiti e modalità mi sembrano simili».
Nel 2026 i Pooh celebreranno 60 anni di musica. Come festeggerete?
«È un traguardo inimmaginabile per chiunque, non solo per noi. Ma la cosa bella è che siamo arrivati a questa meta con le luci accese. Credo sia ancora più miracoloso. Un anniversario come questo merita qualcosa di speciale ed è proprio quello che porteremo sul palco».
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