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Gianni Togni presenta "Edizione straordinaria": "Mi sento come un marziano a Roma"
«Mi sento come un marziano che cammina lungo le sponde del Tevere». Come il marziano di Ennio Flaiano che passeggia solitario e malinconico per le strade di Roma, così Gianni Togni vive intensamente la sua città. Ne parla tra le pieghe del suo nuovo album «Edizione straordinaria» che attraversa la contemporaneità mettendone in evidenza contraddizioni e paradossi, ispirazioni e devianze. Il cantautore romano si è messo di nuovo in gioco con canzoni inedite illustrate e arricchite dai fumetti di Greg.
Gianni Togni, perché il suo nuovo album si intitola «Edizione straordinaria»?
«Perché è ispirato ad articoli di cronaca. La mattina leggo molto, anche giornali online.
L’idea mi è venuta qualche anno fa. Ho cominciato ad appuntare storie che parlavano di personaggi interessanti: persone sconosciute che, però, avevano fatto cose particolari».
Cosa ha attirato subito la sua attenzione?
«La prima canzone è un vero telegiornale. Si intitola «Un marziano lungo il Tevere».
Gli altri sono tutti personaggi presi liberamente».
Chi è il marziano lungo il Tevere?
«Sono io che cammino lungo le sponde del fiume per avere un po’ di pace. Vedo l’acqua che scorre e porta via i malumori che sento dentro. A volte mi chiedo: ma è possibile vivere in una società così folle? Non ci posso credere. Sono tante le cose che accadono attorno a noi: morire per lavorare è allucinante, i ragazzi che affittano macchine per fare video pagati dagli sponsor e poi ammazzano qualcuno, i continui femminicidi. Il marziano è quello che se ne vuole andare da tutto questo. Che dice: fermate il mondo, voglio scendere. Non so quanto mi sia gradito vivere in una società così complicata».
Nel brano «Parole in libertà» si mette in gioco in prima persona. Qual è il significato della canzone?
«È un’intervista a me stesso con domande che non mi sono mai state fatte. È un parlare tra me e me in cui spiego cosa vuol dire fare l’artista, il musicista, l’attore, lo scrittore o il pittore cercando sempre di andare avanti. Senza seguire la logica del successo ma esprimendo ciò che si ha dentro. Nell’arte è folle continuare a ripetersi. Anche dopo il successo bisogna fare cose diverse e rimettersi in gioco. La cosa importante è avere curiosità. Il pubblico non può pensare di ascoltare sempre lo stesso Gianni Togni. Altrimenti non ci sarebbero stati David Bowie, Paul Simon o i Beatles».
Oltre al digitale e al vinile il nuovo album è stato pubblicato anche in versione musicassetta. Perché questa scelta vintage?
«L’idea della musicassetta mi è venuta all’epoca del mio doppio album intitolato «Live». L’etichetta è la mia e faccio come mi pare. E questa è davvero una grande libertà.
In quell’occasione ho scelto di produrre questo gadget che si è rivelato un successo pazzesco e abbiamo deciso di riproporlo anche per questo disco. La moda è partita dagli Stati Uniti ma ora ci sono tanti negozi che vendono di nuovo le musicassette. Anche il vinile sta vivendo un importante boom di vendite».
Le canzoni dell’album sono illustrate dai fumetti di Greg.
Come vi siete conosciuti?
«È una persona meravigliosa ed è un grande amante del rock. È nato come fumettista e una volta mi chiese se poteva disegnare qualcosa per me. Accettai subito. L’album è diviso in varie sezioni: parla di animali, tenniste e storie d’amore tra anziani. E ormai il fumetto fa parte della nostra cultura giornalistica.
Greg ha scritto, disegnato e inchiostrato tutto senza alcun intervento da parte mia».
Ha chiesto che il nuovo album venga ascoltato senza pregiudizi. In passato ne è stato vittima?
«Avere preconcetti è sbagliato. Quando si pensa a Gianni Togni si pensa sempre a canzoni come «Luna» ma in pochi sanno che in passato ho scritto anche un musical sinfonico e l’ho portato in tournée a Stoccolma. Ho scritto colonne sonore e ho attraversato mondi diversi. Ma non mi ascoltano perché sulla copertina c’è scritto Gianni Togni. Ma se lo stesso disco l’avesse cantato in inglese qualcun altro con un altro cognome l’avrebbero ascoltato di sicuro. Solo Jovanotti e Zucchero sono riusciti a far accettare i loro cambiamenti. I pregiudizi sono un grave errore: non fanno crescere l’arte, l’artista e il pubblico».