Sananda Maitreya presenta "The Pegasus Project": "In Italia ho trovato il sogno americano"
«Per vivere il sogno americano sono venuto in Italia». A parlare è Sananda Maitreya, l’indimenticato Terence Trent D’Arby che ormai nel lontano 2001 ha cambiato legalmente il suo nome in quello ispirato dai suoi sogni ricorrenti. Da quel momento si è trasferito in Europa, prima in Germania poi a Milano. In Italia ha trovato l’amore e si è sposato ad Assisi con l’architetta e presentatrice tv Francesca Francone da cui ha avuto due figli: Francesco Mingus Maitreya e Federico Elvis Maitreya. Il cambio di nome rispecchia l’esigenza di una nuova vita artistica: si è sganciato dalle major che l’hanno reso famoso ai tempi di «Dance Little Sister» e «Sign your name». Sananda ha fondato la sua etichetta discografica indipendente, la Treehouse Publishing, con la quale l’11 maggio pubblicherà il terzo capitolo di una trilogia ispirata alla mitologia classica: «The Pegasus Project: Pegasus & The Swan».
Sananda Maitreya, perché ha deciso di ispirare la sua musica a personaggi tratti dalla mitologia?
«Mi sento profondamente connesso alla mitologia greca, latina e anche a quella babilonese. Fin da bambino ho creduto che nella mitologia si nascondesse la nostra vera identità. Per secoli i nostri antenati hanno tramandato la storia solo oralmente ma la verità resta lì. Gli dei e i personaggi della mitologia sono archetipi ed è importante alimentare questa connessione portandoli fino alle nuove generazioni. È come se fossi in missione per conto degli dei».
Oltre alla Budapest Art Orchestra e all’Archimia String Quartet, nel suo nuovo doppio album ci sarà spazio anche per la voce di Luisa Corna. Perché ha scelto lei?
«Amo la sua voce, suona come quella di nessun’altra. Adoro lavorare con lei, tra noi c’è una buona chimica. È una donna meravigliosa. Abbiamo già collaborato in Pandora’s Playhouse e sicuramente ci incontreremo ancora».
Perché più di vent’anni fa ha deciso di cambiare nome e vita?
«Molte persone scalano le montagne e io un giorno ho visto la cima della mia montagna. L’unica cosa che conta davvero è che il pubblico mi conosca attraverso le canzoni. Non mi interessa stare in cima alle classifiche di vendita: non c’è modo più bello per essere artista che conoscersi fino in fondo. So di essere in una posizione unica e invidiabile.
Credo in me stesso e finalmente mi sento libero dai vincoli commerciali».
Le capita di sentire nostalgia degli Stati Uniti?
«A dire il vero mi resta molto difficile seguire cosa succede lì. Non li conosco più. I miei figli sono nati in Italia e la loro madre è nata in Italia. E poi non sono mai stato tanto prolifico quanto lo sono da quando vivo qui. Negli Usa non c’è rispetto per gli artisti e apprezzamento per la qualità. L’industria musicale considera le canzoni solo come un prodotto da vendere, come se fossero automobili. Ho 62 anni e appartengo all’ultima generazione che a scuola ha studiato musica come materia obbligatoria. Insomma sono venuto in Italia a vivere il mio sogno americano. E non sarò né il primo né l’ultimo a farlo».
Non si pente mai della sua scelta?
«Sono sposato da più di vent’anni e penso che la cosa migliore che abbia fatto nella vita sia stata quella di sposare mia moglie Francesca e mettere al mondo Francesco e Federico. Se metti la musica al primo posto, la musica saprà sempre prendersi cura dite».
La nuova tournée partirà il 7 giugno dall’Olanda. Che rapporto ha con le sue hit del passato?
«Mi hanno cambiato la vita per sempre. Ma c’è stato un enorme prezzo da pagare: è come se avessi perso la mia vita. Quella situazione mi ha provocato periodi di grande amarezza. Poi mi sono svegliato e mi sono accorto che il mondo che avevo sognato non esisteva più. Ci ho messo tanto a prendere le distanze da quelle canzoni. Poi ho cominciato a riascoltarle ma con un maggiore distacco. Ma io non vivo nel passato. La musica possiede la magia per creare nuove vite e sono interessato solo a quello che accadrà domani».
Poi Sananda si siede al pianoforte a coda e canta con l’accompagnamento del quartetto d’archi. Eccola lì tutta la magia della musica.