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Beatles, Rolling Stones e Madonna. La censura riscrive la storia del rock

Carlo Antini
Carlo Antini

Parole e musica come ascisse e ordinate

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Madonna, Beatles e Rolling Stones. Ma anche Lucio Dalla, Nomadi e Claudio Baglioni. La scure della censura ha colpito indistintamente cantautori italiani e mostri sacri del rock. Uno dei primi casi coinvolse la band di Mick Jagger. Il brano in questione era «Let’s spend the night together» censurata dall’Ed Sullivan Show. Il titolo vuol dire «Passiamo la notte insieme» e gli Stones, pur di esibirsi, acconsentirono a modificarlo nel più edulcorato «Passiamo un po’ di tempo insieme». Alle pietre rotolanti risposero i Beatles. Questa volta nel mirino c’era «Lucy in the Sky with Diamonds». Se si guardano le lettere maiuscole viene fuori LSD. Un’allusione alla droga? Fatto sta che fu bandita da tutte le radio.

Nel 1989 il Vaticano scatenò una guerra di religione contro Madonna. Il video di «Like a prayer» fu condannato anche dall’American Family Association per le immagini blasfeme e molti protestarono per l’utilizzo della canzone nello spot Pepsi che finì per sospenderla. Il Vaticano scoraggiò perfino i fan ad andare ai live della cantante in Italia. Vittima della censura fu anche la popstar ritenuta da molti come una delle eredi di Madonna. Lady Gaga è passata diverse volte sotto le forche della censura con «Lovegame» tratta dal suo primo album. Nel 2009 la canzone venne boicottata da diverse radio per il verso «I want to take a ride on your disco stick» colpevole di suggerire immagini a sfondo sessuale. Questo fu sempre smentito dalla popstar che, però, venne presa di mira anche per altre canzoni come «Judas», osteggiata in Libano perché ritenuta offensiva per la cristianità.

Nei decenni la censura ha colpito anche la musica italiana. A dispetto del titolo «Dio è morto», portata al successo dai Nomadi, era in realtà un inno alla speranza. Ma non servì all’autore Francesco Guccini: il brano fu oscurato dalla Rai e rimase sempre fuori dalla top ten. Vittime illustri anche due mostri sacri della canzone come Baglioni e Dalla. «Questo piccolo grande amore» voleva raccontare i primi approcci all’amore e alla sessualità. Tuttavia, al momento della sua uscita nel 1972, questo non poteva essere espresso nel testo che cambiò diverse volte prima di arrivare alla sua versione definitiva: «la paura e la voglia di essere soli» al posto de «la paura e la voglia di essere nudi». Le mani «sempre più ansiose di cose proibite» si trasformarono in «mani sempre più ansiose, le scarpe bagnate». Infine Lucio Dalla che presentò «4/3/43» a Sanremo nel 1971. In origine si intitolava «Gesùbambino» e aveva un ritornello un po’ diverso da come lo conosciamo oggi: «E ancora adesso mentre bestemmio e bevo vino / per i ladri e le puttane sono Gesù Bambino». Per passare la censura sanremese, il titolo diventò la data di nascita di Dalla (purtroppo senza alcun nesso con la canzone) e il ritornello fu abbondantemente epurato: «E ancora adesso che gioco a carte e bevo vino / per la gente del porto sono Gesù Bambino». Ma alla storia ci passò ugualmente.

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