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L'alba del rock and roll, così nacque il mito Elvis Presley

Carlo Antini
Carlo Antini

Parole e musica come ascisse e ordinate

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La vera alba del re del rock and roll. Settant’anni fa Elvis Presley muoveva i primi passi. Lo faceva pagando di tasca propria la pubblicazione del suo primo 45 giri in vinile. Quattro dollari per materializzare un sogno: creare un supporto fisico da far circolare tra musicisti e addetti ai lavori. Ma com’era arrivato Elvis alla Sun Records di Memphis? Nel 1953 terminata la scuola a 18 anni, Presley cominciò a cercare un’occupazione stabile per migliorare le condizioni economiche sue e della famiglia e iniziò a lavorare presso la Crown Electric. Un giorno, transitando casualmente per Union Street (lavorava come camionista e aveva il compito di portare i pezzi di ricambio), la via dove si affacciava la sede dello studio della Sun Records di Sam Phillips, scoprì che chiunque, pagando 4 dollari, poteva registrare un disco che successivamente poteva portarsi a casa. Cogliendo tale opportunità, il 18 luglio 1953 entrò per la prima volta in una sala d’incisione. La biografia ufficiale racconta che volesse regalare il disco alla madre per il suo compleanno. Nonostante questo, però, qualcuno smentisce tale affermazione ritenendo che, cadendo esso il 25 aprile, ciò sia molto improbabile, considerando anche che i Presley non avevano un giradischi che permettesse di ascoltare vinili. Coloro che supportano tale teoria suppongono che l’artista volesse in realtà cercare di fare carriera nella musica attraverso la Sun Records. Il titolo del brano scelto per l’occasione fu quello di una vecchia ballata intitolata «My Happiness». Si presentò, dunque, a Marion Keisker, la segretaria che lavorava presso lo studio della piccola etichetta discografica che acconsentì alle sue richieste. E la favola ebbe inizio.

Una storia di successi senza sosta: 24 anni di carriera in cui ha pubblicato 61 album e si stima abbia venduto più di 1 miliardo di dischi. In carriera ha visto le sue canzoni approdare più volte nella Top Chart di Billboard. Sul mercato britannico ha piazzato 21 singoli in vetta alle classifiche, a volte con permanenze di 80 settimane al primo posto. I suoi 45 giri rimasero in classifica per 1.277 settimane mentre i long playing stazionarono ininterrottamente nella Top 10 dal novembre 1958 al luglio 1964. Ad eccezione di sei concerti in Canada verso la fine degli anni Cinquanta non si esibì mai fuori dagli Stati Uniti. Ma all’estero l’eco del re del rock and roll ci arrivò ugualmente. Una vera e propria mania che, dopo 46 anni dalla morte, attraversa ancora le generazioni. Migliaia di appassionati che, ogni giorno, varcano la soglia di Graceland, la sua casa-mausoleo. Migliaia di cloni artistici e cosplayer che popolano festival e palcoscenici in tutto il mondo. Fino ai biopic che invadono le sale cinematografiche. L’ultimo, in ordine di tempo, è «Priscilla», il film di Sofia Coppola dedicato alla donna che, a 22 anni, sposò Elvis e gli diede una figlia per poi separarsi solo 5 anni dopo. E che dire del recente «Elvis» di Baz Luhrmann? Pellicola che ricostruisce la sua ascesa e fama mondiale e punta i riflettori sul complicato rapporto col suo manager, il Colonnello Tom Parker. E non sono mancate le inevitabili dispute per l’eredità. Già dopo la morte di Lisa Marie, Priscilla ha causato problemi perché, nel testamento, la figlia di Elvis ha estromesso la madre dall’eredità. Poi Priscilla e i nipoti hanno trovato un accordo e tutti si sono dichiarati soddisfatti. Almeno fino a oggi.

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