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Bruce Springsteen al Circo Massimo illumina la notte di Roma

Carlo Antini
Carlo Antini

Parole e musica come ascisse e ordinate

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«Roma!», «Roma!», «Roma!». Springsteen l’ha urlato forte al pubblico del Circo Massimo. E in 60mila gli hanno risposto con un’ovazione da far venire i brividi. Poi tutte d’un fiato le canzoni di una scaletta lunga tre ore. Una maratona rock e soul che ha dato una scossa alla notte romana. La festa di un rocker che continua ad attraversare i cinque continenti per portare la sua verità sotto i riflettori. Senza arrendersi. Mai. Come ha cantato anche ieri sera in «No surrender». Il rock della resistenza prima o poi contagia tutti. Ha fatto vibrare come un’onda il tappeto umano del Circo Massimo, gremito fin dalle prime ore del pomeriggio. E tanti erano i vip venuti ad ascoltarlo: Sting, Lars Ulrich dei Metallica, Nick Cave, Nick Mason dei Pink Floyd, Woody Harrelson, Thomas dei Maneskin, Edoardo Leo, Luca Marinelli, Giuseppe Battiston. E perfino Carlo Calenda.

Dopo le iniziali «My love will not let you down» e «Death to my hometown», «No Surrender» è stata la prima vera scintilla, una dichiarazione d’intenti. La consapevolezza che la resa non è e non sarà mai un’opzione. La serata è decollata sulle note di «Ghosts», «Prove it all night», «Darkness on the edge of town» e «Letter to you», uno dei tre brani della serata con i sottotitoli in italiano che scorrevano sui maxi schermi. Il secondo è «Last man standing», omaggio a George Theiss e ai Castiles. «The promised land» ha portato il Boss ancora più a contatto emotivo col pubblico. «Out in the street» e «Kitty’s back» hanno fatto salire la tensione fino all’esplosione di «Mary’s place» in cui il verso «let it rain» suonava come una preghiera per esorcizzare la tragedia. La sua musica ha dato ristoro. Oltre e nonostante tutto. Sulle spalle larghe della E Street Band: Roy Bittan (piano e sintetizzatori), Nils Lofgren (chitarra e voce), Patti Scialfa (chitarra e voce), Garry Tallent (basso), Steve Van Zandt (chitarra e voce), Max Weinberg (batteria), Soozie Tyrell (violino, chitarra e voce), Jake Clemons (sassofono) e Charlie Giordano (tastiere). Spazio anche al soul di «Nightshift», cover dei Commodores, e alla cover di «Because the night», composta dallo stesso Springsteen ma portata al successo da Patti Smith.

L’ultima svolta è arrivata con la versione sofferta di «Wrecking ball», seguita da «The rising», «Badlands» e «Thunder road». Tra sussurri, assoli e racconti di quando era solo un adolescente, il Circo Massimo è stato nelle sue mani, completamente. Vero gladiatore incontrastato dell’arena. I bis partono senza soluzione di continuità. Per non far calare l’energia di chi canta a squarciagola da una vita. E allora via con i manifesti generazionali. «Born in the Usa», «Born to run», «Bobby Jean», «Glory Days», «Dancing in the dark» e «Tenth Avenue Freeze-Out», un omaggio agli indimenticati Clarence Clemons e Danny Federici. Springsteen canta senza risparmiarsi. Nelle rughe del suo volto scorre il fiume carsico del rock. Nella sua voce sempre più roca l’energia primordiale che non accenna ad abbandonare quel menestrello del New Jersey che ormai ha superato i 73 anni. Consapevole eroe moderno di una visione del rock e della vita che non tramonta. Fino all’elegia finale cullata sulle note acustiche di «I’ll see you in my dreams». Quando Springsteen saluta il pubblico, il buio su Roma è già calato da un pezzo. Quel palco il Boss non vorrebbe lasciarlo mai. E non vuole farlo neanche a Roma. Ma per fortuna vuole continuare a sognare un sogno che è anche il nostro: cantare la verità. Con la chitarra e migliaia di mani tese verso il cielo. Coi cuori che ancora pulsano a tempo. All’unisono. Senza arrendersi. Anche nella notte di Roma.

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