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Il 45 giri compie 74 anni. Dai Beatles ai Pooh, quando il vinile faceva tendenza

Carlo Antini
Carlo Antini

Parole e musica come ascisse e ordinate

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C’era una volta il 45 giri. Un piccolo disco in vinile con un buco al centro, in grado di sintetizzare giochi, sogni e desideri di almeno quattro generazioni. Un oggetto che, come pochi altri, è diventato il simbolo di un’epoca. La rinascita del secondo dopoguerra, anni in cui la catastrofe del conflitto mondiale lasciava spazio alla ricostruzione morale e materiale dell’intera società occidentale. E, proprio in quegli anni, si faceva largo il formato 7 pollici in vinile che prese rapidamente il posto del 78 giri in gommalacca, materiale divenuto difficilmente reperibile a causa delle restrizioni belliche. A partire dagli anni Cinquanta, il 45 giri divenne il simbolo della pace ritrovata, del boom economico e di una libertà culturale che faceva rima con musica, rock & roll e tendenze giovanili. La moda del mangiadischi fece il resto, con milioni di ragazzi in tutto il mondo che potevano improvvisare ovunque feste a base di musica e ballo.

Il primo 45 giri venne commercializzato negli Stati Uniti dalla Rca il 31 marzo 1949 e, già negli anni Cinquanta (tra il 1957 e il 1958), il 7 pollici superò per vendite il 78 giri, raggiungendo il massimo della sua diffusione fra il 1964 e il 1970. Stampati generalmente su entrambi i lati, i 45 giri contenevano due brani, ciascuno della durata di circa 4 minuti. In genere si incideva la canzone destinata al lancio radiofonico o televisivo sulla facciata denominata lato A, mentre il lato B era, spesso, solo un semplice riempitivo. Esistono, comunque, molte eccezioni in cui il lato B ha avuto maggior successo rispetto al lato A, come ad esempio il singolo «In silenzio/Piccola Katy» dei Pooh, in cui «Piccola Katy» era il lato B ma è passata ugualmente alla storia. Oppure il caso particolare dei Beatles che, nel 1965, pubblicarono due lati A sullo stesso vinile che conteneva la doppietta «Day tripper» e «We can work it out». Per gli amanti delle statistiche, il 45 giri più venduto della storia è stato «White Christmas» inciso da Bing Crosby che ha venduto la bellezza di 70mila copie.

La storia del 45 giri è legata proprio al concetto di «singolo», oggi sostituito dalla digitalizzazione della musica liquida. E, caso unico al mondo, nel nostro Paese i singoli su 7 pollici venivano distribuiti anche in un’edizione juke-box, di cui era vietata la vendita al pubblico poiché riservata esclusivamente ai gestori dei bar. Le edizioni juke-box avevano la caratteristica di costare meno rispetto a quelle normali, di essere vendute spesso in anticipo rispetto all’edizione destinata al pubblico e di contenere talvolta artisti differenti, se non anche differenti etichette discografiche legate da una comune distribuzione. Sul retro di copertina talvolta era presente anche la targhetta da ritagliare e inserire nel juke-box.

Dopo poco più di 40 anni, però, l’era del 45 giri volse presto al termine. La prima spallata arrivò con i singoli pubblicati in formato compact disc. Il 18 agosto 1990, in seguito a un accordo tra tutte le multinazionali del disco, venne cessata la grande produzione dei 7 pollici. Tuttavia il 45 giri venne prodotto ancora fino al 1993 quando anche il 33 giri cedette definitivamente il posto a musicassette e cd. La diffusione di internet e la nascita dei singoli in download e streaming diede poi il colpo di grazia finale. Senza riuscire a cancellare definitivamente dalla memoria e dagli scaffali dei collezionisti un formato che non sarà mai soltanto nostalgia.
 

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