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Dario Salvatori presenta l'edizione 2023 del Dizionario della canzone
«Vi racconto le storie nascoste dietro la musica». Dario Salvatori sta per pubblicare la decima edizione del «Dizionario della canzone» (Iacobelli Editore) in libreria dal prossimo 1° febbraio e divenuto un punto di riferimento per addetti ai lavori e appassionati. E a fine febbraio lo vedremo in Rai al fianco di Arbore in «Appresso alla musica».
Dario Salvatori, tra qualche giorno uscirà l’edizione 2023 de «Il Salvatori». Cosa lo rende uno strumento prezioso per chi ama la musica?
«Le 20mila schede non descrivono solo i dettagli dei brani ma svelano anche le storie nascoste dietro le canzoni. L’elemento narrativo è quello che mi sorprende e che piace di più».
Quali sono le storie più curiose che ha raccontato nel dizionario?
«Mi viene in mente quella di “Happy birthday to you”, quasi una vicenda di cappa e spada. È la storia di tre sorelle che litigano e, alla fine, quella più attaccata al denaro fa fuori le altre due. Oppure quella di “O sole mio” in cui l’editore inventa di sana pianta l’esistenza di un terzo compositore solo per prolungare i diritti d’autore».
Oggi la maggior parte dei ricavi delle etichette discografiche deriva da streaming e download. Cos’è cambiato con la musica liquida?
«L’ascolto è diventato schizofrenico. Qualche tempo fa mi è capitato di consultare la classifica Spotify degli artisti italiani più ascoltati all’estero: ai primi posti c’erano anche Ludovico Einaudi e Antonio Vivaldi. Ma il digitale ha trasformato anche la stessa abitudine di ascoltare musica».
In che modo?
«Le canzoni si ascoltano in solitudine, con le cuffie, e tutto questo sfocia nell’alienazione. Un tempo la musica era condivisione e aveva una forte connotazione esistenziale. Il rock dettava stili di vita a intere generazioni».
Il digitale ha avuto un impatto anche sulla composizione delle canzoni?
«L’attitudine degli autori è cambiata radicalmente. Penso ad artisti come Madame con le sue canzoni da cameretta. Mi vengono in mente anche Anna e Billie Eilish. Ormai tutti fanno tutto da soli e la figura dell’arrangiatore sta scomparendo. E pensare che Michael Jackson ha costruito la sua fortuna anche grazie al contributo di Quincy Jones».
Cosa pensa dei talent show?
«Creano mostri e tendono a far coincidere erroneamente musica e tv. Uno su 1 milione ce la fa e la maggior parte resta sul cornicione. Pensano di essere arrivati solo perché vengono visti da milioni di persone. Ma non sono nessuno».
Come considera l’ondata di rapper che invade le nostre classifiche?
«Negli Stati Uniti il rap ha una storia diversa e una qualità maggiore. In Italia si fa un rap di serie B a cui si dedica chi non sa fare nulla. I giovani credono sia una novità ma il rap ha ormai più di trent’anni».
Al Festival di Sanremo mancano pochi giorni. Cosa si aspetta dalla quarta edizione targata Amadeus?
«Anche quest’anno proseguirà l’infornata di rapper e trapper. Ma ci sarà spazio anche per i senatori come i Cugini di Campagna, Giorgia, Paola e Chiara e soprattutto Anna Oxa».
Secondo lei chi vincerà il Festival?
«Direi che quest’anno ci sono due categorie di favoriti: le senatrici con Giorgia e Anna Oxa e il “nuovo che avanza” che vede Lazza e Tananai tra i più agguerriti. Ma state attenti alla serata dei duetti che potrà spostare il voto popolare in modo decisivo».