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La seconda vita di Alan Sorrenti: "Nelle mie canzoni una luce nuova"

Carlo Antini
Carlo Antini

Parole e musica come ascisse e ordinate

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Un viaggio oltre la zona sicura. Una sperimentazione di musica e parole che attraversa tutti i generi. A 19 anni di distanza dal suo ultimo album di inediti, Alan Sorrenti torna con canzoni nuove senza paura di contaminazioni e di rimettersi in discussione. 
Alan Sorrenti, il titolo del suo nuovo album «Oltre la zona sicura» suona come una dichiarazione di intenti. Quali sfide ha affrontato?
«Sento che i giovani d’oggi fanno musica interessante ma voglio accendere una luce, voglio staccarmi dalla comfort zone, incontrarmi e scontrarmi con una realtà diversa. Questo album è dedicato a chi vuole evolversi. Sento l’esigenza forte di essere presente proprio in questo momento».
Cosa c’è oggi di così particolare?
«Stiamo vivendo un’epoca in cui mancano i punti di riferimento. Dalla pandemia siamo passati alla guerra: è un periodo di eccessi in cui possiamo andare verso il buio o verso la luce. Le scelte che facciamo oggi saranno decisive per l’umanità del futuro. Per un artista è un momento interessante. Non c’è una via di mezzo: o si sta di qua o di là. Siamo noi che dobbiamo agire. I giovani hanno una grande responsabilità e dobbiamo sostenerli». 
A proposito di giovani, nel nuovo album ha collaborato con Stefano Ceri, uno dei producer più ispirati della nuova generazione. È stato interessante lavorare con lui?
«Facciamo parte di generazioni diverse ma non si percepiva affatto perché la vera musica unisce. Dopo aver sentito la cover di “Figli delle stelle“ ho capito che era la persona giusta ma molte scelte nascono da irrazionalità e intuizioni. È come se avessimo fatto un viaggio insieme sperimentando suoni nuovi. Parliamo lo stesso linguaggio: io lo facevo volare e lui aveva il potere di riportarmi coi piedi per terra. È stata una bella esperienza».
La sua è una scelta artistica di grande coraggio. Pensa che oggi ne manchi un po’ alla musica italiana?
«Direi proprio di sì. In giro c’è un piattume generale. I giovani almeno hanno il coraggio di scomporre la metrica della lingua italiana cambiandone le regole. Allo stesso tempo, però, contenuti e musica sono diventati ripetitivi. L’elettronica ha le sue responsabilità perché tende a rendere un pezzo uguale all’altro. C’è bisogno di luce, di musica che trasmetta cambiamento, ci spinga ad andare oltre e guardarci intorno e in alto. Ma la mancanza di coraggio riguarda l’intera società. C’è bisogno di un salto di coscienza come dico io stesso nel testo di "Pura vida". La comfort zone ci priva di stimoli creativi di cui l’artista non può fare a meno».
Dopo l’album quali saranno i prossimi progetti?
«Dalla primavera partiremo in una tournée che spero non finisca più. Intanto sto scrivendo la mia storia da cui trarrò anche un docu-film. È questo il motivo per cui ho posticipato il mio tour. Ho attraversato varie generazioni e potrò raccontare anche i viaggi e le esperienze che ho vissuto. La mia vita non sarà portata sullo schermo in chiave cronologica ma realtà oggettiva e soggettiva si fonderanno. Sarà il risultato di vita fisica e vita mentale filtrate dalla memoria che ha un ruolo non totalmente affidabile. Mi occuperò anche della colonna sonora che si staccherà dalla forma canzone. Sento la necessità di esprimermi anche in un altro modo e non è escluso che possa collaborare alla regia».
 

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