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Al MAXXI di Roma riflettori accesi sull'altro Bob Dylan

Carlo Antini
Carlo Antini

Parole e musica come ascisse e ordinate

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«Quante strade deve percorrere un uomo prima di essere chiamato uomo?». Bob Dylan se lo chiedeva già nel ’63, a soli 22 anni, all’epoca di «Blowin’ in the wind». Da allora di strade ne ha percorse tante. Persino quelle che lo hanno condotto nel 2016 a vincere il Premio Nobel per la Letteratura. Ma la sua inesauribile, versatile e tormentata vena creativa lo ha portato anche verso le arti visive. Una sorta di altro Bob Dylan che il pubblico conosce meno ma che riesce ugualmente a far vibrare le corde delle emozioni.

Dal 16 dicembre il Museo MAXXI di Roma offrirà un omaggio proprio alle opere d’arte che il menestrello di Duluth ha realizzato in oltre 60 anni di carriera. Dipinti, acquerelli, disegni a inchiostro e grafite, sculture in metallo e materiale video saranno i protagonisti di «Bob Dylan: Retrospectrum». Dopo essere stata al MAM di Shanghai e al Patricia & Phillip Frost Art Museum di Miami, la mostra a cura di Shai Baitel approderà anche nella Capitale per la prima tappa europea in una versione pensata appositamente per gli spazi del museo di Zaha Hadid. «È molto gratificante sapere che le mie opere visive saranno esposte al MAXXI di Roma: un museo davvero speciale in una delle città più belle e stimolanti del mondo - ha detto Dylan - Questa mostra vuole offrire punti di vista diversi che esaminano la condizione umana ed esplorano i misteri della vita che continuano a lasciarci perplessi. È diversa dalla mia musica, naturalmente, ma ha lo stesso intento». Il curatore, Shai Baitel, aggiunge che «questa mostra presenta il suo approccio unico all’arte visiva e la sua padronanza della pittura, del disegno e della scultura. Offre l’opportunità unica di vedere il viaggio creativo di Dylan attraverso il tempo e i luoghi, tra cui anche la scalinata di piazza di Spagna, immortalata in “Quando dipingo il mio capolavoro”».

E tra le strade che da sempre Dylan ha percorso c’è ovviamente la scrittura. È stato appena pubblicato il suo terzo libro «Filosofia della canzone moderna». Annunciato come «una lezione sull’arte e il mestiere di scrivere canzoni», è una raccolta di saggi che l’autore ha dedicato alle sue canzoni preferite. È un omaggio al tempo in cui il fondamento della musica erano folk, country e blues. Pezzi che spaziano fino al pop «middle of the road», a «London Calling» e al classico di Cher Gypsies, «Tramps and Thieves». Ma il libro è stato al centro di una polemica che ha coinvolto lo stesso Dylan. L’editore americano del volume, Simon & Schuster, vendeva le copie autografate al prezzo di 600 dollari l’una. Confrontando le firme, però, i fan hanno scoperto che non c’era il vero autografo del musicista ma una perfetta riproduzione eseguita da una penna automatica. Di fronte all’imbarazzo generale è dovuto intervenire lo stesso Premio Nobel: «Durante la pandemia mi era impossibile firmare qualunque cosa, né i capogiri mi aiutavano - ha ammesso - Con le scadenze contrattuali che incombevano mi è stato allora suggerito di usare una penna automatica, assicurandomi che è una cosa che viene fatta “di continuo” nel mondo dell’arte e della letteratura. Usare una macchina, però, è stato un errore di valutazione che voglio correggere immediatamente. Per farlo sto lavorando con Simon & Schuster e con i miei soci della galleria. Con profondo rammarico, Bob Dylan». La sua risposta continua a soffiare nel vento.
 

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