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"Dalla mi scoprì in un'osteria". Luca Carboni brinda ai 60 anni

Carlo Antini
Carlo Antini

Parole e musica come ascisse e ordinate

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Quando consegnò i suoi testi in busta chiusa al proprietario dell’Osteria da Vito di Bologna, Luca Carboni aveva solo 19 anni. Non poteva davvero immaginare cosa gli sarebbe successo. Una sera Lucio Dalla e gli Stadio andarono a cena proprio lì per parlare del primo album della band di Curreri e decidere chi dovesse scrivere i testi. Come per magia spuntò la busta di Luca e quei fogli passarono di mano in mano. «L’oste mi disse di aspettare fuori perché la busta era stata portata al tavolo di Lucio - raccontò poi Carboni in un’intervista - Così mi misi sul marciapiede. Quella sera faceva caldo e la finestra era aperta così dalla strada ho visto tutto: Lucio che strappava la busta, leggeva i testi e li passava agli altri. Gli ho dato una pacca sulla spalla per farmi vedere, loro mi hanno invitato al tavolo, mi hanno fatto i complimenti ed è stata una grande emozione: il giorno dopo ero nello studio di registrazione con gli Stadio».

Proprio da quella sera indimenticabile è nata la collaborazione su «Navigando controvento» e l’intera avventura di Carboni nella canzone italiana. In una Bologna casa di mille talenti che, all’inizio degli anni ’80, si incontravano letteralmente in giro per la città. Qualche anno dopo arrivò «…intanto Dustin Hoffman non sbaglia un film», primo album solista con la benedizione di Dalla. «Facevamo un gioco lui ed io - raccontò Carboni parlando del suo mentore - Ogni volta che usciva un brano a Sanremo o alla radio provavamo ad analizzarlo, riscriverlo e migliorarlo. Giocando con Lucio ho imparato a dare forza alle parole: quando togliere, quando aggiungere».

Giunsero così i primi successi e i tour che lo fecero conoscere al grande pubblico. «Silvia lo sai», «Farfallina», «Vieni a vivere con me», «Persone silenziose», «Ci vuole un fisico bestiale», «Mare mare», «Le ragazze», «Luca lo stesso» e «Una grande festa». Sono solo alcune hit che hanno puntellato la sua quarantennale avventura musicale facendogli vendere milioni di copie. Fino al meritato premio alla carriera che l’anno scorso gli ha tributato il Mei. «Cantautore che ha segnato la scena musicale italiana negli ultimi 4 decenni - c’era scritto nella motivazione - Capace di cavalcare da protagonista la trasformazione della canzone d’autore italiana, portandola nel nuovo millennio e mantenendo forte e costante la propria cifra artistica».

Il 12 ottobre Carboni compie 60 anni, trascorsi senza mai rinnegare la sua natura di artista appartato, schivo e intimista ma sempre in grado di esprimere ed esorcizzare emozioni, disagi e ansie di un’intera generazione. Con il cuore che batte nelle campagne di Savigno dove vive con la moglie Marina e il figlio Samuele e sugli spalti del Dall’Ara dove segue le partite del Bologna di cui ha composto e cantato l’inno con Morandi, Mingardi e Dalla. «La maglia del Bologna è diventata piano piano sempre più nostra, è diventata un simbolo - ha detto una volta - Con il suo rosso che è il colore dell’amore, della passione, del sangue inteso come vita. Con il blu che è il colore del cielo, del mare, dell’infinito, della purezza, oserei dire il colore dell’immortalità».
 

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