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Non solo Abba come ologrammi. Nel rock si moltiplicano gli avatar

Carlo Antini
Carlo Antini

Parole e musica come ascisse e ordinate

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Tute motion-capture per «catturare» i movimenti 3D. Centinaia di telecamere che riprendono gli spostamenti per riprodurli attraverso un sistema di proiezioni laser. Non stiamo parlando di un film di fantascienza ma dello show che gli Abba stanno replicando a Londra in queste settimane. Per rientrare dagli enormi costi di produzione (oltre 176 milioni di dollari) «Abba Voyage» sarà in scena fino al 2023 all’Abba Arena, uno spazio appositamente costruito all’interno del Queen Elizabeth Olympic Park. 
Gli avatar o ABBA-tar (come sono stati soprannominati) sono realizzati dall’Industrial Light & Magic di George Lucas. Rappresentano Benny Andersson, Agnetha Faltskog, Anni-Frid Lyngstad e Bjorn Ulvaeus negli anni ’70, al culmine della loro carriera. Le quattro star svedesi interpretano 22 canzoni accompagnati da una band in carne e ossa assemblata da James Righton dei Klaxons, con Little Boots alle tastiere. In uno studio di posa dello Swedish Film Institute hanno interpretato le canzoni scelte per il loro primo show dopo 40 anni di assenza. «È stato un piacere per tutti», ha detto Andersson. Poi a Londra alcuni «sosia» hanno replicato la performance con energia giovanile. «Ci siamo fusi con i nostri doppi. Non chiedetemi come funziona perché non saprei spiegarlo - ha detto Andersson - A 75 anni non ti muovi sul palco come quando ne avevi 34. Ecco perché l’abbiamo fatto». E non l’hanno fatto solo loro. Prima degli Abba sono state realizzate versioni virtuali di Tupac, Whitney Houston e Michael Jackson. Tutti prematuramente scomparsi. In questo caso, invece, le quattro star sono ancora vive e vegete.

Qualche settimana fa, perfino Jimmy Page ha confessato di essere tentato dalla nuova tecnologia. Chissà che anche i Led Zeppelin (o meglio i loro avatar) non tornino a calcare le scene. Ma le nuove frontiere della musica dal vivo non sono finite qui e, sempre più spesso, coinvolgono tutti i linguaggi digitali. C’è già chi si esibisce nel metaverso. Parliamo di Travis Scott e Ariana Grande, giusto per fare qualche nome. Anche Justin Bieber ha presentato il suo nuovo album attraverso un’esperienza immersiva online. Le mayor hanno fiutato l’affare e sono in corsa per acquistare spazi virtuali sulle piattaforme di gaming. Non mancano neppure le aziende che puntano sulla trasmissione dei live in diretta streaming. Dopo gli annunci di Netflix, si fa avanti la tedesca Cts Eventim che ha già annunciato la copertura dal vivo dei principali festival rock. Fino a The Weeknd che, in collaborazione con la Binance dell’imprenditore cinese Changpeng Zhaoha, utilizza il web3 provando a scavalcare i grandi server dei colossi digitali e distribuendo contenuti e servizi direttamente sulla rete. Salvo imprevisti, però, come accaduto proprio alla star di «Blinding Lights» che, a Toronto, ha dovuto annullare all’ultimo minuto il debutto del primo tour «crypto-powered» della storia del pop. All’improvviso nell’area del concerto è saltata la connessione internet. Si sa, non tutte le ciambelle riescono col buco. Il metaverso non fa eccezione.
 

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