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Il ritorno di Ziggy Stardust, l'alter ego di David Bowie

Carlo Antini
Carlo Antini

Parole e musica come ascisse e ordinate

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Capelli rossi, vestiti sgargianti e calzamaglie attillate. Ziggy Stardust è l’uomo delle stelle, o meglio il tramite degli Infiniti sulla Terra. Una sorta di messaggero che, attraverso la radio, entra in contatto con entità aliene e traduce agli altri il loro messaggio. Fino a concedere il suo corpo che diventa il mezzo con cui gli Infiniti si incarnano davanti agli occhi dei terrestri. «The Rise and Fall of Ziggy Stardust and The Spiders from Mars» è il disco che ripercorre la vicenda in un concept album. Un lavoro che ha portato il glam rock alla perfezione formale e ha contribuito a creare il mito Bowie così come lo conosciamo oggi. L’album venne pubblicato il 16 giugno 1972 e, per il suo 50esimo anniversario, il prossimo 17 giugno verranno stampate un’edizione limitata e incisa a velocità dimezzata su Lp e picture disc e una replica del poster promozionale originale.

«Volevo scrivere un musical - disse Bowie in un’intervista dell’epoca - Non avevo idea di come andasse fatto o di come i musical sono costruiti ma l’idea di scrivere qualcosa per Broadway basata sul rock mi incuriosiva e ho pensato che sarebbe stata una cosa meravigliosa da fare». Per la scelta del nome, galeotto fu un viaggio in treno in cui Bowie notò in lontananza l’insegna di una sartoria. «Aveva un’aria da Iggy ma era una sartoria e pensai: ”Beh, l’intera faccenda riguarderà i vestiti". Così, quasi per scherzo, decisi di chiamarlo Ziggy». L’origine di Stardust, invece, richiama l’eccentrico cantante statunitense Norman Carl Odam, più noto come Legendary Stardust Cowboy. «L'idea era quella di ottenere un look a metà tra l’immagine di Malcolm McDowell e un insetto - disse la rockstar - Era l’epoca di “Ragazzi selvaggi” di Burroughs ed era un incrocio tra questo e “Arancia Meccanica". Fu allora che cominciai a mettere insieme la forma e l’aspetto di ciò che Ziggy e gli Spiders sarebbero diventati». Il resto è storia. Col successo che illumina la carriera di Bowie e i concerti dello «Ziggy Stardust Tour» tutti sold-out. Bowie era diventato una star e brani come «Starman», «Moonage Daydream», «Lady Stardust», l’omonima «Ziggy Stardust», «Suffragette City» e «Rock ’n’ Roll Suicide» hit internazionali.

Ma il gioco delle parti correva su un crinale pericoloso. Ziggy era diventato più di un semplice personaggio. Si trasformò in un vero alter ego e prese il sopravvento. «Sul palco ero un robot mentre fuori provavo emozioni - confessò Bowie - È probabilmente per questo che preferivo vestirmi come Ziggy piuttosto che essere David». Ma recitare sempre lo stesso ruolo rese difficile separare la realtà dalla fantasia. «Ziggy non mi avrebbe abbandonato per anni - ammise la star - Quello fu il punto in cui tutto si spinse troppo in là. La mia intera personalità ne risentì. Divenne molto pericoloso. Iniziai a dubitare seriamente della mia sanità mentale». Fino al 3 luglio ’73 quando, dopo l’ultimo show al Hammersmith Odeon di Londra, Bowie mise a riposo il suo personaggio per sempre. Ma oggi, dopo 50 anni esatti, Ziggy Stardust ci parla ancora. Dalle stelle.

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