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Fabri Fibra ristampa Turbe giovanili e svela le hit di Neffa

Carlo Antini
Carlo Antini

Parole e musica come ascisse e ordinate

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Fabri Fibra rispolvera l’album degli esordi. «Turbe giovanili» uscì per la prima volta nel 2002 e oggi viene ripubblicato con una chicca da collezionisti: la cassetta con le basi strumentali originali di Neffa. Poi il pensiero va a «Caos» e all’imminente tournée estiva. 
Fabri Fibra, cosa deve alle canzoni di «Turbe giovanili» e alle basi strumentali che Neffa compose per lei?
«A lui devo tantissimo. All’epoca ero un suo grandissimo fan e lo sono ancora oggi. Ho cercato di dare il meglio di me raccontando la provincia con la poetica degli anni ’90: meno giochi di parole e più narrazione».
Che effetto le fa riascoltare quei brani oggi?
«Un effetto molto positivo. Ho riascoltato l’album prima della ristampa e mi piace ancora. È un tipo di rap che non è stato fatto più. Eravamo alla fine dell’era dei sample. Poi sono arrivate batterie elettroniche e sintetizzatori e campionare i suoni è diventato sempre più raro. Le basi dell’epoca erano molto belle con batterie e campioni jazz. È un disco particolare nato tra la fine di un’era e l’inizio di un’altra. C’erano campionamenti ma Neffa suonava anche i synth: un mix magico».
In questi 20 anni com’è cambiato il rap in Italia e nel mondo?
«È cambiato tantissimo proprio perché è cambiato il mondo. Il rap è un genere che racconta minuto per minuto quello che succede. Finisce per assorbire tutto, sia nella cronaca che nella tecnologia. È l’unico genere che, col passare del tempo, rimane vivo e interessante».
Lei, invece, com’è cambiato rispetto agli esordi?
«Sono cambiato e non sono cambiato. Il rap mi continua a piacere. Mi piace scrivere. «Turbe giovanili» era un’autoproduzione. Me lo sono stampato e finanziato io e avevo curato anche la grafica. C’era quell’attitudine da indipendenti che ho cercato di mantenere fino a oggi. Ormai da tempo lavoro con una major e ho imparato quali sono le dinamiche. Ma cerco di mantenere lo spirito dei tempi e il controllo sul mio lavoro. Sono sempre io che scelgo le basi, seguo la grafica e tutto il resto. Logicamente sono cambiato perché attorno a me sono cambiati molti aspetti della mia vita e della mia carriera. Ho fatto in modo di trasformare la passione in lavoro».
A luglio partirà il tour di «Caos Live». Cosa sta preparando per i concerti?
«Dal vivo voglio riproporre fedelmente i pezzi dei miei dischi. Quando vado ai live degli altri mi aspetto la stessa cosa e rimango deluso quando i brani vengono stravolti. Quando parte la mia canzone preferita mi risale tutto l’immaginario che ho creato ed è come se si concretizzasse un sogno, come se si chiudesse un cerchio. Dico: cavolo questa canzone l’ho ascoltata così tanto e per così tanti anni e finalmente la posso sentire dal vivo. Mi aspetto che quel brano venga realizzato nella maniera più fedele possibile a come è nel disco. Nei miei concerti punto a fare la stessa cosa. Voglio ricreare quella sensazione di quando ascolti la musica in casa, in macchina o nelle cuffie. E voglio unire tutto il repertorio di questi 20 anni di musica».
 

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