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Rocket Man, la hit che fece litigare Elton John e David Bowie

Carlo Antini
Carlo Antini

Parole e musica come ascisse e ordinate

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Non era facile far infuriare David Bowie. Elton John ci è riuscito 50 anni fa, nell’aprile del 1972, quando pubblicò «Rocket Man». Le avventure del suo astronauta ricordavano molto «Space Oddity», la super hit del Duca Bianco uscita solo tre anni prima dalla mente dello stesso produttore. Bowie non riuscì a trattenere il fastidio. E durante una delle BBC Sessions lanciò una frecciata di fuoco all’amico Elton inserendo nel suo testo lo sfogo «I’m just a rocket man!». A buon intenditor...

La realtà, però, era ben diversa. Almeno a sentire il racconto dell’autore del testo, il paroliere Bernie Taupin, che ammise di aver pensato a «Rocket Man» per la prima volta nel 1971 durante un viaggio in auto verso la casa dei suoi genitori: «Avevo da poco riletto “Il gioco dei pianeti” di Ray Bradbury, la raccolta di racconti di fantascienza del 1951. Il mio preferito è sempre stato “L’astronauta” (The Rocket Man). La storia parla di un uomo che trascorre tre mesi alla volta nel suo razzo lontano dalla moglie e dal figlio. È combattuto. Vuole essere a casa con la famiglia ma, nello stesso tempo, adora vivere tra le stelle. Alla fine il suo razzo precipita nel sole». Il racconto di Bradbury ha tanti punti in comune anche con «Space Oddity», in effetti.

A onor del vero c’era anche un altro precedente. Un pezzo del 1970 scritto da Tom Rapp (dei Pearls Before Swine), e intitolato ugualmente «Rocket Man». Così, per non essere da meno, decise di scrivere un brano spaziale anche lui. «Ho iniziato a immaginare una canzone sulla fatica della vita da astronauta - ha svelato il paroliere - Mentre pensavo a come cominciare, la prima strofa è nata da sola: “She packed my bags last night, pre-flight zero hour 9 a.m. and I’m gonna be high as a kite by then”. Poi in un’intervista di qualche tempo dopo l’ammissione definitiva: «Io e Elton non l’abbiamo rubata a Bowie, l’abbiamo fregata a un altro ragazzo, Tom Rapp. Quando uscì il nostro pezzo, nell’aprile del 1972, quasi nessuno conosceva la canzone dei Pearls Before Swine. Così i critici indicarono “Space Oddity” come riferimento principale. Io, però, all’epoca non ascoltavo musica pop alla radio. Ascoltavo il blues di Chicago, il country e principalmente la musica americana».

Il resto è storia. Nell’aprile del ’72 «Rocket Man» divenne subito un singolo, raggiungendo la seconda posizione nel Regno Unito e la sesta negli Stati Uniti. Elton John riusciva finalmente ad abbracciare sonorità diverse. «Rocket Man» aprì un periodo nuovo e spianò la strada che avrebbe portato il musicista britannico a coprire oltre il 2% delle vendite dei dischi mondiali nel 1975. Il mito di «Rocket Man» è proseguito fino a oggi attraverso mille cover e il recente omonimo film biografico diretto da Dexter Fletcher e uscito nelle sale solo tre anni fa. La pellicola, vincitrice del premio Oscar per la miglior canzone, narra la vita di Elton John (che il 25 marzo compirà 75 anni) a partire dalla Royal Academy of Music fino ad arrivare agli anni Ottanta. Nella colonna sonora anche «(I’m gonna) Love me again» composta appositamente per la pellicola e cantata in duetto dal cantante con l’attore Taron Egerton.

«La frase di “Rocket Man” che mi ha sempre colpito è “Just my job five days a week” (soltanto il mio lavoro cinque giorni a settimana, ndr) - ha detto Elton John in occasione dell’uscita del film - Questo ragazzo normale è bloccato lassù e vorrebbe essere a casa. Più volte mi sono sentito così sul palco: mi piaceva stare lì ma volevo tanto tornare a casa e, nello stesso tempo, sapevo di non essere più in grado di vivere una vita normale. Sono felice di essere diventato un cantante, è la cosa che amo fare di più al mondo. Ma all’inizio interpretare un personaggio che ti sei inventato può essere molto pericoloso e farti perdere di vista chi sei». Chissà se a David Bowie è bastato per perdonarlo davvero.
 

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