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Intramontabile istrione, dieci volte Lucio Dalla

Carlo Antini
Carlo Antini

Parole e musica come ascisse e ordinate

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Bologna era inondata di sole. Arrivare alla stazione poche ore dopo la morte di Dalla è stato come immergersi nell’amore di un Paese intero. Nei giorni che precedettero i funerali, la città fu invasa da fan che arrivavano da ogni parte d’Italia. I treni si fermavano in Centrale e dai vagoni scendevano comitive, coppie e singoli con magliette e foto di Dalla. Venuti da chissà dove per portare l’ultimo saluto al loro poeta. In breve Piazza Maggiore si riempì di un pubblico eterogeneo e rumoroso, raccolto in decine di micro sit-in che sarebbero proseguiti a lungo. Chitarre e cori si rincorrevano in una sorta di festival improvvisato. Neanche le ore piccole facevano desistere i più impavidi che sfidavano la notte trasformandosi nei barboni di «Piazza Grande». Finché il Comune di Bologna iniziò a diffondere le canzoni dagli altoparlanti. La Dotta era tutta per lui e la sua voce risuonava ovunque. I fan in pellegrinaggio si infilavano nei vicoli vicino alla casa di via D’Azeglio. Sul citofono c’era scritto «Comm. Domenico Sputo», pseudonimo dai tempi delle sue collaborazioni con Luca Carboni. Da quel 1° marzo 2012 sono passati 10 anni e tante cose sono cambiate. Ma non l’amore per Dalla.

Oggi l’Italia lo ricorda con mostre itineranti, show digitali e special in tv. Dal 4 marzo è in programma la prima tappa della mostra-evento al Museo Civico di Bologna. A seguire Roma, dal 22 settembre all’Ara Pacis e, nel 2023, Napoli e Milano. ITsART e Ron hanno ideato un viaggio poetico di vita e di canzoni con il videoconcerto «Lucio! Il tour», visibile gratuitamente fino al 6 marzo sulla piattaforma streaming del Mic. Fino ai film e agli special trasmessi a rotazione in decine di canali tv.

Il rapporto di Dalla col pubblico si è rafforzato giorno dopo giorno. Dalle origini jazz che gli hanno fatto amare sax e clarinetto alle partecipazioni a Sanremo. Era al Festival nell’anno in cui morì Luigi Tenco. Al Savoy la sua camera era accanto a quella del cantautore e Dalla fu uno dei primi a rendersi conto della tragedia.

Gli anni di Bardotti e Baldazzi terminarono nel ’73 e si aprì la stagione di Roberto Roversi col quale compose la trilogia «Il giorno aveva cinque teste», «Anidride solforosa» e «Automobili». Fu proprio quest’ultimo lavoro a provocare la scissione, tanto che Roversi decise addirittura di firmare l’album con uno pseudonimo. «Fu un trauma - confessò Dalla - Dopo Roversi non avrei mai immaginato di poter scrivere testi con altri. Allora capii che dovevo cominciare a scrivere i testi delle mie canzoni».

E così fece scoprendo gli anni della maturità. Tra la fine dei ’70 e i primi ’80 visse il periodo più fortunato e ispirato con una trilogia di album che resta nella storia della musica leggera: le canzoni di «Come è profondo il mare», «Lucio Dalla» e «Dalla» conquistarono il grande pubblico, trasformando il musicista dall’eccentrico giullare degli esordi a raffinato e idolatrato cantautore da hit parade. Armato di zucchetto e scat, veniva celebrato anche dal cinema che l’ha fatto recitare nella parte di se stesso in «Borotalco» di Verdone in cui viene inseguito da una fan sfegatata come Eleonora Giorgi. Tra i record di Dalla c’è il duetto con Francesco De Gregori in «Banana Republic», progetto che fece epoca e inaugurò la grande stagione dei concerti negli stadi. Altro duo fu quello con Gianni Morandi. Sono gli anni in cui compose «Caruso» che poi divenne una delle canzoni italiane più famose nel mondo.

Fino alla fase pop, in cui l’onnipresente ispirazione del mare delle isole Tremiti si alterna a incursioni nella musica colta e accademica. Si inoltrò nella lirica con «Tosca - Amore disperato» tratta da Puccini. Mise in scena «L’opera del mendicante» di John Gay. Ma resta negli occhi di tutti la sua ultima apparizione a Sanremo dove, pochi giorni prima di morire, diresse l’orchestra per Pierdavide Carone.

Dalla morì improvvisamente, stroncato da un infarto, il 1° marzo 2012 nell’Hotel Plaza di Montreux, in Svizzera, dove si era esibito la sera precedente. Pochi minuti dopo fu il suo collaboratore Marco Alemanno a scoprire il decesso. Con l’ultima strofa di «Cara»: «Buonanotte, anima mia / adesso spengo la luce e così sia». A piazza Maggiore l’eco risuona ancora.
 

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