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Elton John torna alle origini, perché sceglie i duetti da session man

Carlo Antini
Carlo Antini

Parole e musica come ascisse e ordinate

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Dance, rap, melodia, soul, folk e R&B. Il nuovo album di Sir Elton John attraversa le infinite contaminazioni del pop contemporaneo. Le sue nuove «Lockdown Sessions» nascono proprio dall’incontro con decine di artisti. Brandi Carlile, Charlie Puth, Dua Lipa, Eddie Vedder, Gorillaz, Lil Nas X, Miley Cyrus, Nicki Minaj, Rina Sawayama, SG Lewis, Stevie Nicks, Stevie Wonder, Surfaces, Years & Years e Young Thug sono solo alcune delle star che, in 18 mesi, hanno partecipato al progetto registrando canzoni a distanza.

Nel marzo 2020, dopo la sospensione del «Farewell Yellow Brick Road Tour» a causa della pandemia, Elton ha iniziato a collaborare con artisti che aveva conosciuto durante il «Rocket Hour» show su Apple Music ed è tornato alle sue radici di session man. E il pubblico sembra apprezzare. Al primo posto della classifica dei singoli Shazam troviamo, infatti, Elton John e Dua Lipa uniti per la prima volta nel duetto «Cold Heart», primo brano che anticipa l’album e conta sulla produzione del deejay Pnau. Non solo. Con lo stesso remix Elton John ha raggiunto la vetta della classifica dei singoli nel Regno Unito dopo 16 anni, diventando così l’unico artista a dominare la top ten dei singoli in sei decenni diversi. Il successo di «Cold Heart» si deve soprattutto agli oltre 6 milioni di stream. Il brano è una rivisitazione a tinte disco di alcuni dei suoi successi remixati dal trio dance australiano Pnau e, dopo quattro settimane, ha spodestato Ed Sheeran dal primo posto.

Le «Lockdown Sessions» sono un viaggio musicale attraverso generi diversi, diretto con abilità da uno dei più raffinati compositori e interpreti degli ultimi decenni. È molto più di un semplice album di collaborazioni: è una raccolta di 16 tracce con 10 brani inediti che celebra il desiderio di unione e vede Elton John collaborare con una serie di artisti che solo il suo carisma poteva mettere insieme. Più di venti popstar che abbracciano una vastissima gamma di generi, generazioni, culture, continenti, ognuno dei quali contribuisce all’album con un’impronta differente. Come se non bastasse, nelle «Lockdown Sessions» Elton collabora in cinque brani con il produttore Andrew Watt, già vincitore di un Grammy Award.

Sulla decisione di mettere insieme tanti artisti Elton John ha dichiarato: «L’ultima cosa che mi aspettavo di fare durante l'isolamento era fare un album. Ma, mano a mano che la pandemia andava avanti, continuavano a spuntare progetti una tantum. Alcune delle sessioni di registrazione dovevano essere fatte a distanza, via Zoom, cosa che ovviamente non avevo mai fatto prima. Alcune sessioni sono state registrate con regole di sicurezza molto severe: lavorare con un altro artista ma separati da schermi di vetro. La cosa certa è che tutte le tracce su cui ho lavorato erano davvero interessanti e diverse, roba completamente diversa da tutto ciò per cui sono conosciuto, roba che mi ha portato fuori dalla mia zona di comfort in un territorio completamente nuovo. E ho capito che c’era qualcosa di stranamente familiare nel lavorare in questo modo. All’inizio della mia carriera, alla fine degli anni ’60, ho lavorato come session man. Lavorare con diversi artisti durante il lockdown mi ha ricordato questo. Ero di nuovo un session man. Ed era ancora uno sballo». Così Elton John ha chiuso un altro cerchio.
 

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