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Addio Franco Battiato, l'ultimo filosofo della canzone

Carlo Antini
Carlo Antini

Parole e musica come ascisse e ordinate

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Se n’è andato in silenzio nella sua Milo ma ha lasciato dietro di sé una lunga scia di musica. Era questo il desiderio più grande. A chi glielo chiedeva, Franco Battiato rispondeva che voleva essere ricordato come puro suono. Se n’è andato a 76 anni compiuti da pochi mesi nell’oasi di pace della casa-eremo sulle pendici dell’Etna dove viveva col conforto dei familiari più stretti. Da tempo era protetto dal mondo, isolato dalla stessa malattia che lo aveva colpito. Ad alimentare le voci era stato un post su Facebook di Roberto Ferri, cantautore e paroliere, che aveva dedicato a Battiato una poesia che molti lessero come una conferma: «Ode all'amico che fu e che non mi riconosce più».

L’unica cosa certa è che, da almeno un paio d’anni, di Battiato si erano perse le tracce completamente. L’ultimo post sui social risale al 2019 quando pubblicò una foto che lo ritraeva al lavoro col commento: «Terminati i missaggi di “Torneremo ancora”, insieme a Pino Pischetola». E «Torneremo ancora» è il titolo dell’ultimo album pubblicato dal Maestro, in cui raccolse versioni orchestrali dei suoi brani più significativi arricchite dall’omonimo inedito scritto a quattro mani con Juri Camisasca. La registrazione di quella canzone, però, non fu semplice. L’orchestra incise la parte musicale sovrapponendosi a una linea di voce che Battiato aveva registrato due anni prima. Nell’estate 2017 si era svolta la sua ultima tournée dal vivo ma le ultime 4 date furono annullate per motivi di salute. L’ultimo concerto lo tenne al Teatro Romano di Catania il 17 settembre 2017. Ma già 2 anni prima erano arrivate le prime inequivocabili avvisaglie, quando cadde sotto i riflettori del Teatro Petruzzelli di Bari fratturandosi il femore.

Anche quella volta Battiato ripercorse sul palco gli episodi più importanti di una carriera lunga oltre 50 anni. Aveva lasciato la sua Sicilia giovanissimo per cercare fortuna a Milano, patria della discografia italiana degli anni Sessanta. Lì conobbe la scena artistica che passava per Jannacci, Lauzi e Gaber. Ma la forma canzone tradizionale gli andava stretta e cominciò allora una fase di sperimentazione arditissima. Accogliendo le suggestioni di Stockhausen e John Cage, all’inizio degli anni Settanta diede vita a due album come «Fetus» e «Pollution» in cui la musica elettronica si intreccia ad esperimenti di puro minimalismo musicale. Ma sarebbe stata solo la prima di innumerevoli trasformazioni.

Qualche anno dopo raccolse la sfida lanciatagli dai critici musicali che lo accusavano di non essere in grado di comporre brani pop. Ed è proprio allora che Battiato impresse la svolta vera al suo percorso artistico. Nel giro di una manciata di album a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta reinventò la musica italiana, sintetizzando la formula in cui pop e profondità concettuale si sposano perfettamente. Nacquero così le hit più grandi: «L’era del cinghiale bianco», «Il re del mondo», «Stranizza d’amuri», «Up Patriots to Arms» e «Prospettiva Nevski». Con «La voce del padrone» del 1981 raggiunse l’apice del successo e l’album divenne il primo in Italia a superare il milione di copie. «La voce del padrone» è una serie ininterrotta di singoli: «Summer on a Solitary Beach», «Bandiera bianca», «Gli uccelli», «Cuccurucucù», «Segnali di vita», «Centro di gravità permanente», «Sentimiento nuevo». Nei suoi brani Battiato riusciva a intrecciare esoterismo e teoria filosofica (successivamente in coppia con l'inseparabile Manlio Sgalambro), mistica sufi di Gurdjieff e meditazione orientale. I suoi testi parlano di Proust, Leopardi, Pascoli e Carducci con la leggerezza che solo i grandi riescono ad avere. E raggiunse altri vertici di popolarità con «Voglio vederti danzare», «Povera patria», «E ti vengo a cercare», «La cura» e mille altre canzoni entrate nell’immaginario collettivo.

Poi la sua musica e i suoi interessi si spostarono e proseguirono tra contaminazioni sinfoniche, opere liriche, sperimentazioni elettroniche e cover. Vinse perfino un Sanremo da autore con la grande amica e collaboratrice Alice con la quale compose la fortunata «Per Elisa». Tra le sue infinite inclinazioni anche la pittura e il cinema. Diresse, tra gli altri, «Perdutoamor» e «Musikanten» e resterà negli annali il suo progetto di film mai realizzato su Handel e Scarlatti. Perfino la politica lo volle con sé ma l’esperienza nella giunta regionale siciliana durò pochissimo. Battiato disse a brutto muso una verità scomoda e non fu perdonato. Fortunatamente la sua musica continuerà a parlare per lui. Sempre.
 

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