Addio Milva, arte e politica per la "Rossa" della canzone italiana
Strehler e Brecht, Berio e Piazzolla, Battiato e Jannacci. Milva ha attraversato il gusto del Novecento sintetizzando arte colta e popolare, bellezza e talento, ironia e impegno politico. La sua carriera ha graffiato musica e teatro, cinema, poesia, lirica e danza dando un’impronta inconfondibile a tutte le opere a cui ha donato il suo carisma. Milva se n’è andata a 81 anni nella sua casa di via Serbelloni, in pieno centro a Milano, circondata dall’affetto della figlia Martina e della fidata collaboratrice Edith.
Maria Ilva Biolcati (questo il vero nome), però, non è scomparsa davvero. La sua presenza scenica continuerà a ipnotizzare anche lo spettatore più esigente. Come quando stregò Giorgio Strehler, l’incontro artistico per lei forse più significativo. Strehler le stravolse la vita quando la volle con sé nell’Opera da tre soldi» al fianco di Modugno, in «Io, Bertolt Brecht» e in «Milva canta Bertolt Brecht». E lei lo ricordava così: «Anche se non abbiamo mai avuto una storia sentimentale, questo individuo mi toglieva la pelle di dosso. Per il carisma straordinario che aveva dentro...Ho anche pensato di essere innamorata di lui, che forse dietro questa grande ammirazione…». Chissà cosa c’era.
Certamente, oltre Strehler e il Piccolo Teatro di Milano, ci sono le mille collaborazioni illustri con Ennio Morricone, Alda Merini, Astor Piazzolla, Umberto Eco e Luciano Berio. Saltava con agilità felina da «Il pipistrello» con Peter Maag al repertorio francese di Edith Piaf con il successo di «Milord», dal fado portoghese di Amalia Rodrigues all’eco greca di Theodorakis. Fino alle interpretazioni più raffinate e colte come «Dicono di me» o più popolari come il canto di lavoro de «La filanda».
Il suo soprannome era la «Pantera di Goro», dal nome del paesino dell’Emilia-Romagna in cui era nata il 17 luglio 1939. Era una pantera «rossa» non solo per il colore dei capelli ma anche per la fede politica mai nascosta, al punto da proporre il brano partigiano «Bella Ciao» nel più popolare programma Rai degli anni ’60: «Canzonissima». E proprio «la Rossa» è l’altro soprannome che Milva si porta sul palco, titolo scelto per l’album firmato da Enzo Jannacci e che precede di un paio d’anni il sodalizio con Franco Battiato timbrato dalla celebre «Alexander Platz» e «Una storia inventata».
Di record ne ha collezionati tanti: è stata la cantante italiana col maggior numero di album pubblicati (ben 173), ha venduto oltre 80 milioni di dischi ed è stata amatissima anche in Germania, Francia e Asia. A Sanremo, però, ha stabilito un record poco invidiabile: è l’artista con più partecipazioni, 15, senza vincere mai. Non si è mai spinta oltre il secondo posto conquistato nel 1962 con «Tango italiano» e «Stanotte al Luna Park». Al Festival è anche la cantante con più partecipazioni consecutive, nove, dal ’61 al ’69. Al cinema Milva ha interpretato una ventina di film, passando dai musicarelli come «Canzoni a tempo di twist» del ’62 alle pellicole drammatiche. La sua ultima apparizione in «Celluloide» di Carlo Lizzani.
Fino al 2010 quando annunciò il suo ritiro. «La speciale combinazione di capacità, versatilità e passione è stato il mio dono più prezioso e per quello voglio essere ricordata - aveva detto dopo la pubblicazione del terzo disco scritto e prodotto per lei da Battiato - Oggi questa magica combinazione non mi è più accessibile: per questo, dato qualche sbalzo di pressione, una sciatalgia a volte assai dolorosa e gli inevitabili veli che l’età dispiega sulle corde vocali, ho deciso di abbandonare le scene e fare un passo indietro verso la sala d’incisione». La camera ardente sarà allestita nel foyer del Teatro Strehler di Milano. E proprio di Strehler una volta disse ancora: «Era come avere davanti non un uomo ma un plotone di uomini». E un plotone di donne sarà sempre anche Milva.