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L'appello di Renato Zero: "Tassiamoci per aiutare chi è in crisi"

Carlo Antini
Carlo Antini

Parole e musica come ascisse e ordinate

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Renato Zero bastona il governo sull’emergenza Covid. «È uno scandalo - si sfoga - si è fatto trovare impreparato di fronte alla pandemia». Il re dei sorcini parla chiaro mentre presenta il secondo capitolo di «Zerosettanta», la trilogia di inediti con cui sta festeggiando il suo settantesimo compleanno. Il «Volume Due» comprende 14 canzoni che parlano d’amore, fede, musica, giovani, potere e protesta. E ne ha per tutti.
Renato Zero, il Volume Due della trilogia esce in piena pandemia. Il Covid come ha cambiato la nostra vita?
«Noi italiani abbiamo dimostrato di essere all’altezza. Abbiamo compreso la gravità della situazione e ci siamo assunti le nostre responsabilità cambiando abitudini di vita. E’ scandaloso che il governo non sia stato in grado di prepararsi alla seconda ondata con efficacia definitiva e tangibile nei confronti dei lavoratori. I governi dovrebbero prepararsi a queste evenienze. In passato non eravamo in grado di approntare una difesa massiccia e adeguata, oggi sì. E’ difficile avere fiducia nella politica quando passano mesi prima di ricevere le quote di una cassa integrazione che forse non arriverà mai. Lo trovo gravissimo e offensivo».
Come giudica la scelta di chiudere bar e ristoranti?
«Mi pongo un quesito: andare al ristorante alle 13 è meno pericoloso che andare alle 20? Perché? Ho tanti amici ristoratori e a pranzo non ci va nessuno. Con lo smart working la gente consuma un pasto fugace dove si trova. La funzione del ristorante è per lo più serale. Se invece che far chiudere alle 18 avessero permesso ai ristoratori di stare aperti a cena molti non si sarebbero lamentati né avrebbero chiuso i battenti. Qual è la differenza? Qualcuno me lo deve spiegare».
Anche cinema e teatri sono stati chiusi. Cosa pensa della crisi in cui versa la cultura?
«Un piatto di pasta ci vuole ma l’arte è il cibo dell’anima. La musica dà da mangiare in un modo diverso ma ci nutre ugualmente. Chi ancora dice che la cultura non dà da mangiare è uno str***o, un incapace e forse non è nemmeno un buon italiano».
Cosa propone per aiutare chi è in difficoltà?
«Mi rivolgo ai miei colleghi: dovremmo mettere a disposizione la nostra energia per permettere a chi è in difficoltà di superare il guado senza troppi patimenti. Dovremmo autotassarci. Dovremmo parlare con impresari e organizzatori per devolvere una percentuale delle nostre serate a copertura delle sofferenze. Potremmo fare un lavoro e, senza accorgercene, aiutare gli altri. Mi sembra una formula vincente».

 


È preoccupato per la musica italiana?
«Mi piacerebbe che le radio riproponessero le grandi pagine della nostra tradizione piuttosto che gli scarti degli altri Paesi. Dobbiamo sostenere la nostra canzone. Se continueremo a proporre modelli che non ci appartengono perderemo la nostra identità. Anche perché la musica ha un potere curativo».
Cosa intende?
«Le canzoni ci emozionano e ci spingono alle lacrime e alla gioia. E il pubblico ne trae beneficio».
Veniamo alle canzoni di «Zerosettanta». In «Troppi cantanti pochi contanti» dice esplicitamente: «Basta con i cantanti, vi prego, già siamo in tanti». A chi si rivolge?
«E’ una carezza per i giovani che vogliono intraprendere la carriera del musicista. E’ un’esortazione a riflettere sulla scelta di fare l’artista. Bisogna avere senso di responsabilità e autocritica per giudicare se si hanno davvero le qualità per farlo. Fallire a 20 anni può essere pericoloso. Consiglio ai giovani di proteggersi con studio e sacrificio. Non è mica detto che la serenità e la soddisfazione vengano solo dalla musica. Gli applausi si ricevono anche da altre parti, non solo dal pubblico in platea».
Tra le nuove leve della musica chi considera un suo erede artistico?
«Mi auguro che non esista un vero erede di Renato Zero ma solo qualcuno che raccolga la mia tradizione e quella della grande canzone italiana, da De André a Battiato. Non voglio essere sostituito da nessuno ma...Ultimo e Diodato possono prendere il mio posto».

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