Genio romano

L'arte di Ennio Morricone e quella passione così speciale

Carlo Antini

Quando lo chiamai a casa per fissare l’orario della nostra intervista mi accolse cordiale ma perentorio: “Buonasera, purtroppo adesso non le posso parlare. C’è la Roma in tv. Può richiamarmi a fine partita?”. E la passione di Ennio Morricone per la sua squadra del cuore era più che ricambiata, visto che il giorno dell’addio di Francesco Totti la commozione dello stadio Olimpico si cullava sulle sue note. E l’As Roma l’ha voluto salutare anche sui social con un significativo “Grazie di tutto maestro”.

Morricone era così. A cavallo tra arte colta e sentimento popolare. Anche nella musica faceva dialogare due linguaggi apparentemente così lontani ma che in lui sembrano nati per stare insieme. Le sue sono più che colonne sonore. Sono l’ispirazione su cui nascono le immagini di Leone, Tornatore, Tarantino. I suoi arrangiamenti pop per Morandi, Pavone, Mina e Zucchero ne hanno fatto un punto di riferimento mondiale. Negli ultimissimi anni si dedicò anche alla musica che lui definiva “assoluta”. In quella stessa intervista mi spiegò che era la musica che non nasceva per il cinema. 

  

 

 

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“La mattina mi alzo presto - mi disse - Alle 9 sono già seduto al pianoforte”. Ed è bello immaginarselo lì. Con le mani sui tasti, la sua Roma fuori dalla finestra e gli occhi immersi nei sogni. In quei sogni che solo lui riusciva così bene a trasformare in note. Musica, maestro!