
Garlasco: l'arma, il testimone e quegli strani suicidi, l'altra pista dei pm

Spunta il supertestimone rimasto nell’ombra per diciotto anni e al setaccio finiscono alcuni strani suicidi che hanno sconvolto Garlasco. La nuova inchiesta sul delitto di Chiara Poggi, in cui è indagato per concorso in omicidio il 37enne Andrea Sempio, ha rotto il muro di omertà che, da quasi due decenni, regna nella cittadina del Pavese, finita sotto i riflettori per il delitto della 26enne, uccisa nella sua villetta di via Leopardi il 13 agosto 2007. Per l’assassinio è stato condannato a 16 anni di carcere l’allora fidanzato, Alberto Stasi, nonostante l’indagine, disseminata da errori macroscopici e testimonianze a discarico ignorate, non sia riuscita a inchiodare Stasi, sbattuto in galera con un processo indiziario senza Dna, movente né arma del delitto, e lo stravolgimento di ben due assoluzioni all’appello bis. E non è un caso che nei verbali di almeno due presunti testimoni oculari che quella mattina transitavano nelle vicinanze di casa Poggi, non ci sia mai un riferimento a Stasi. Non c’è in quella di Marco Muschitta, il tecnico del gas che tra le 9.30 e le 10, nei pressi di via Pascoli aveva visto «una bicicletta che andava a zig zag», condotta da «una ragazza bionda con i capelli a caschetto che indossava scarpe bianche e con stella blu e un pantalone lungo», la quale «aveva nella mano destra un piedistallo tipo da camino-canna da fucile con in testa una pigna». Insomma, un oggetto presumibilmente coerente con il misterioso «corpo contundente metallico» che, secondo il medico legale, sarebbe stato usato dall’assassino per sfondare il cranio di Chiara. Ma Muschitta, dopo una lunga interruzione del verbale, si rimangiò tutto, dicendo: «Me lo sono inventato, sono uno stupido».

Nuovo supertestimone su Garlasco: "Avevo delle cose da dire ma...". La Procura chiede riserbo a Le Iene
Alberto non viene indicato neppure da un commerciante che raccontò di aver visto una donna alla guida di un suv nella strada trasversale alla villetta. I carabinieri, però, lo ritennero irrilevante. E il condannato non c’è nemmeno nel racconto del nuovo supertestimone trovato da "Le Iene". Un uomo sul quale ora c’è il massimo riserbo, la cui dichiarazione ai microfoni del programma di Italia 1 non è stata mandata in onda ma consegnata alla Procura di Pavia, che l’ha secretata e che, nelle prossime ore, convocherà l’uomo. Si tratta di un residente del luogo, che all’epoca del delitto aveva circa quarant’anni, e che, un mese dopo l’omicidio, si era fatto coraggio, confessando ciò che sapeva a una persona. Ma gli sarebbe stato intimato di tacere, come ha detto lui stesso a Le Iene prima di decidere di vuotare il sacco. «Siccome mi è stato ordinato di non dire niente. Vengo messo in mezzo a una situazione grave, non voglio saperne niente perché so che non devo dire delle cose», ha detto, parlando dei buchi nell’inchiesta «non di errori ma di volontà». La sua testimonianza è stata una liberazione: «Dopo 18 anni a dover parlare di questa cosa mi sono sentito meglio, a livello emotivo e personale. Lo faccio solo per quella ragazza, per Chiara Poggi, degli altri non me ne frega niente». D’altronde quel segreto l’aveva mantenuto non per coprire qualcuno, ma «per paura di finire nei guai». Perché a Garlasco, chi ha provato a indagare alla ricerca della verità o ha tentato di raccontare i fatti è davvero finito nei guai, perfino a processo.

"Stasi non è colpevole". Le frasi choc da un protagonista della vicenda: cosa non torna
Senza contare che nella cittadina, in quegli anni, si sono verificati strani fatti di sangue. Suicidi di giovanissimi, collegati a un misterioso Santuario finito al centro di una storia di ricatti a sfondo sessuale. Ma il caso più controverso, ufficialmente risolto ma rimasto nel mistero, è quello che avvolge nell’ombra la terribile fine di un anziano, l’88enne Giovanni Ferri, un meccanico in pensione che abitava vicino alla discoteca "Le Rotonde", il locale frequentato dai giovani di Garlasco, tra cui alcuni familiari di Chiara Poggi. In quella discoteca, un mese prima del delitto, era stato ospite Fabrizio Corona, il quale, dopo l’omicidio, aveva chiesto le immagini della serata, probabilmente a caccia dei video dei principali protagonisti finiti nel circo mediatico del delitto. Ferri, che a differenza di altri cittadini non era andato in vacanza perché assisteva la moglie disabile, quel 13 agosto era andato come tutte le mattine al bar "Jolly". D’altronde il pensionato era un abitudinario: faceva sempre la stessa strada, si fermava all’edicola a comprare il giornale e si sedeva ai tavolini del bar, dove leggeva le notizie sorseggiando il suo caffè. Così aveva fatto anche quella tragica mattina, mentre Chiara veniva massacrata nella villetta. Qualcuno mormora che avesse visto qualcosa di strano, ma l’anziano non disse mai una parola a nessuno. Ferri fu misteriosamente trovato cadavere il 23 novembre 2010 in via Mulino, in un angusto anfratto di 50 centimetri, con il corpo incastrato tra un muro e un palazzo. Aveva i polsi e la gola tagliati. Nessun coltello nelle vicinanze. Per i carabinieri di Garlasco, gli stessi che indagarono sul delitto Poggi, Ferri si è suicidato. Eppure non hanno mai spiegato se l’88enne si fosse sgozzato prima o dopo essersi tagliato i polsi.
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