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Magistrati, va in scena lo showpero: coccarde, testimonial e il trucco per evitare il flop

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Rita Cavallaro
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Le toghe rosse sfidano il governo e trasformano preventivamente il rischio flop in un successo falsato. Che se lo sciopero dei magistrati messo in scena oggi, nonostante non verrà percepito come un disagio in mancanza dell’astensione di giudici e pm, su carta registrerà comunque percentuali importanti, grazie all’escamotage dell’Anm di conteggiare i togati impegnati in udienze urgenti, e quindi indenni dalla trattenuta in busta paga, come scioperanti. Un tema che ieri è stato al centro del dibattito interno alla giurisdizione, quando il sindacato ha cominciato a dare i numeri, annunciando vette di adesione che arrivano anche al 90 per cento, come nel caso del Tribunale di Foggia, ma che, nella realtà, non dovrebbero superare il 40 per cento di astensione in tutta Italia. Dove sono in programma una serie di iniziative volte a spettacolarizzare la solita narrazione del rischio per l’indipendenza della magistratura, qualora la riforma della giustizia del governo Meloni, un domani, venisse approvata con il referendum.

 

L’obiettivo è convincere i cittadini del pericolo per la Costituzione, che proprio per questo, alle 10 davanti alla Cassazione, verrà brandita dai magistrati in un flash mob in cui i manifestanti sfoggeranno una coccarda tricolore sulla toga. A seguire pm e giudici si sposteranno al cinema Adriano, per un’assemblea pubblica aperta a tutti, durante la quale prenderanno la parola, per spiegare le ragioni dello sciopero, il presidente dell’Anm Cesare Parodi, il segretario Rocco Maruotti e il vicepresidente Marcello De Chiara. Ospite d’onore lo scrittore Gianrico Carofiglio. Ma lo show più scoppiettante è atteso a Genova, dove la protesta verrà inaugurata dall'attore Antonio Albanese, alias Cetto La Qualunque, che contro la riforma leggerà un testo di Piero Calamandrei, il padre costituente che, invece, nella separazione delle carriere ci credeva, al punto che aveva definito i giudici come «sacerdoti che dicono messa», con orizzonti «segnati dalle leggi» e che a tavola dovevano avere «come unica commensale l’indipendenza».

 

E mentre dal capoluogo ligure, c'è da scommetterci, il passo di Calamandrei che Albanese leggerà sarà «qualunquemente» un altro, a Napoli le toghe potranno contare sul testimonial Maurizio De Giovanni, lo scrittore ritenuto un saggio del Pd che sostiene come la premier Giorgia Meloni sia «politicamente un maschio» e abbia «idee maschiliste». Insomma, una proposta per tutti i gusti, purché di sinistra.

E che la linea ribellista sfociata nello sciopero di oggi sia quella tracciata dalle correnti di sinistra, che si oppongono alla riforma per non perdere lo strapotere delle nomine, lo rivendica tra le righe Magistratura democratica, quella che ha a capo la giudice pro migranti Silvia Albano e tra i suoi big Marco Patarnello, il togato che in una mail rivelata da Il Tempo definiva Meloni più pericolosa di Berlusconi perché con la sua azione politica avrebbero potuto mettere a rischio la giurisdizione.

Nella rivista online di Md, la corrente ha sottolineato che quello di oggi «non è uno sciopero contro il parlamento, che rimane interlocutore privilegiato e primo w destinatario delle argomentazioni critiche del progetto di revisione costituzionale. Per giudici e pubblici ministeri lo sciopero è un mezzo estremo, al quale, nella storia repubblicana, si è fatto ricorso solo in momenti eccezionali, quando sono stati messi a repentaglio principi e valori di fondo di una giustizia indipendente».

Ed ecco il nodo cruciale del ribellismo delle toghe rosse: «È quanto si rischia oggi con l’umiliante proposta di sorteggiare i componenti del Csm e del giudice disciplinare, resuscitando corporazione e gerarchie, e con la prospettiva di smembrare in due l’organo di governo autonomo della magistratura». Altro che separazione delle carriere e rischio di sottomissione dei pm al potere esecutivo. È la difesa del sistema. Palamara docet.

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