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Papa Francesco, la disfida del Conclave che divide i cardinali. Il gesuita Ghirlanda e il giallo della riforma

Francesco Capozza
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 «Ma che c’avete prescia di mandarmi all’altro mondo?». Con questa battuta graffiante il grande Leone XIII rimbottò un giorno i cardinali che confabulavano in vari capannelli nell’appartamento papale dove il pontefice era da giorni allettato. Correva l’anno 1901. Papa Pecci si riprese da quel malanno e guidò la Chiesa ancora a lungo, rendendo l’anima a Dio il 20 luglio 1903 alla veneranda età di novantatré anni. A dire il vero della successione a Leone si parlava apertamente già all’inizio dell’ultimo decennio dell’Ottocento e non solo in Vaticano, ma in tutte le Cancellerie europee. D’altronde, quando un Papa è anziano e malato, è più che legittimo che all’interno della Chiesa s’inizi a ragionare sul dopo, soprattutto per garantire quella continuità che l’ha resa l’istituzione civile, religiosa e morale più longeva del pianeta. Di esempi anche recenti sul dibattito pre-conclavario con il Papa ancora felicemente regnante ne potremmo citare tantissimi altri. Senza andare troppo in là nel tempo, basta ricordare che già nel 1999 uscì un volume che diventò best seller scritto da Giancarlo Zizola, uno degli storici della Chiesa più illustri e documentati del secondo Novecento, intitolato «Il Successore».

 

In esso Zizola parlava apertamente del dibattito che all’interno della Chiesa si stava tenendo sul Conclave che avrebbe preso il via alla morte di Giovanni Paolo II. Wojtyla, com’è noto, morì sei anni più tardi, nel 2005, sotterrando in vita molti di quei cardinali che all’avvento del nuovo Millennio venivano considerati «papabilissimi».

Non c’è quindi nulla da scandalizzarsi se, viste le condizioni critiche di Papa Francesco, i cardinali discutano, si confrontino, ragionino sulla sciagurata eventualità che si debba convocare a breve un Conclave. Specialmente se dovesse accadere in un anno del tutto particolare come questo, con il Giubileo in corso e migliaia di pellegrini che, a parte attraversare la Porta Santa, vorrebbero vedere il pontefice venendo a Roma principalmente per questo. Non siamo per nulla d’accordo, quindi, con quei porporati che gridano allo scandalo perché ci sarebbe qualche collega con lo zucchetto rosso sul capo che starebbe iniziando a ragionare sulla successione a Francesco. E non concordiamo nemmeno con il tono di quei fedelissimi, come il cardinale lussemburghese Jean-Claude Hollerich che ieri l’altro ha sprezzantemente bollato i colleghi di cui sopra con un assai poco protocollare «sono persone orribili». Né con l’amico di lunga data di Francesco, il cardinale honduregno Óscar Rodriguez Maradiaga (uno dei grandi elettori di Bergoglio nel Conclave del 2013), quando con tono minaccioso afferma di conoscere «i nomi di chi si sta muovendo per il Conclave».

 

D’altronde, le loro eminenze non dovrebbero sprecare troppo fiato perché sulla propria successione sta lavorando egli stesso in prima persona, e da tempo. Venerdì scorso ha fatto scalpore l’inusuale smentita della sala stampa vaticana dell’incontro che ci sarebbe stato al Policlinico Gemelli tra l’augusto malato e il cardinale Gianfranco Ghirlanda e raccontato in diretta da RaiNews24. In molti si sono chiesti il senso di quella strana comunicazione rivolta a confutare un servizio del maggior canale italiano d’informazione all-news, ma una risposta c’è ed è molto chiara a chi conosce bene il personaggio.

Il gesuita (tanto per cambiare) Padre Gianfranco Ghirlanda, è un raffinato canonista a cui Bergoglio ha imposto la berretta rossa cardinalizia nel concistoro del 2022. Già Rettore della Pontificia Università Gregoriana, ha passato tutta la sua vita sui libri e sui codici, diventando uno dei più importanti esperti viventi di Diritto Canonico. A lui - e questo è risaputo da mesi Papa Francesco ha affidato la «riforma delle riforme», cioè quella delle regole per l’elezione papale. Si vocifera da tempo che la volontà del pontefice regnante sia quella di impedire ai cardinali non elettori (gli ultraottantenni ndr) di partecipare alle Congregazioni generali preparatorie del Conclave propriamente detto. Nelle Congregazioni, infatti, è consentito il libero dibattito e in passato sono state spesso momento di accesissima critica al pontificato precedente.

Tra le novità che sembrerebbero essere allo studio di Ghirlanda, ce ne sarebbe anche una dal valore storico sensazionale: abbassare il quorum per l’elezione dagli attuali due terzi alla maggioranza semplice. Una regola ferrea in vigore da quando esiste il Conclave come lo intendiamo ancora oggi, cioè da quasi un millennio. La smentita di quell’incontro, che evidentemente c’è stato, ha dato quindi la stura a mille congetture, tra le quali quella che la riforma bergogliana dell’elezione papale sia ormai d’imminente pubblicazione. Si vedrà. Nel frattempo, auguriamo lunga, anzi, lunghissima vita al Papa, ma riteniamo sacrosanto che il collegio cardinalizio, composto peraltro da presuli provenienti da ogni parte del mondo che nella stragrande maggioranza dei casi nemmeno si conoscono, possa dibattere sul futuro senza accuse di complottismo, tradimento o lesa maestà. Per il bene della Chiesa, non per il male di Francesco, questo è più che evidente.

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