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Buffo (oscarwine): "Etichette sui vini? Demonizzare non aiuta, bisogna fare cultura"

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Benedetto Antonelli
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Europa unita? Quando pare a lei. A dirlo è Livio Buffo, fondatore di oscarwine (uno dei siti dedicati al vino più letti in Italia) e Ceo dell’agenzia di comunicazione Cenacoli, commentando le recenti pressioni europee per portare gli “health warnings” – gli avvisi sanitari in stile pacchetto di sigarette – su tutte le bevande alcoliche, con un’evidenza sulla correlazione fra rischio di tumori e alcol.
Buffo da tre anni lei sta portando avanti una battaglia contro gli health warning.
“Essere contro qualcosa non mi piace, direi piuttosto che sono a favore di una corretta comunicazione.”
Cosa intende?
“L’idea degli avvisi sanitari in stile pacchetto di sigarette sugli alcolici nasce da un progetto irlandese di lotta all’alcolismo.”
Niente di sbagliato.
“Assolutamente ma lei crede che un alcolista decida all’improvviso di smettere di bere, che rinunci a un vizio consolidato negli anni, semplicemente leggendo un avviso sanitario? Crede che chi ha una dipendenza possa spaventarsi davanti alle parole “nuoce gravemente alla salute” o quello che decideranno di scrivere sulle etichette?”
Lei cosa suggerisce?
“La comunicazione è fatta di tanti aspetti ai quali, in casi come questi, bisogna unire un’azione a livello di famiglia, scuola e istituzioni. Visto che abbiamo citato il tabacco, credo sia esemplare il caso svedese.”
Ossia?
“Gli scandinavi hanno messo in pratica attività di comunicazione e politiche fiscali e sociali che hanno ridotto il numero di fumatori nel paese dal 20% al 5%, il tasso più basso in tutto il vecchio continente. Non ho le competenze per dire se quello che scrivono sul rapporto vino/tumori sia vero ma gli svedesi hanno dimostrato che fare cultura, adottare politiche fiscali ad hoc ed evitare comunicazioni allarmistiche in un settore controverso e caratterizzato da consumatori resistenti ai cambiamenti è la strada migliore. Nel vino, come dicevo, è tutto ancora da dimostrare ma ritengo che l’alcolismo si combatta in altro modo e che ai giovani si possano insegnare per tempo i pericoli legati all’abuso di vino, birra e simili, come per esempio gli incidenti stradali. Allargando il discorso, un domani dovremmo scrivere il vino può avere come conseguenza incidenti automobilistici. Le etichette possono essere un ottimo strumento di comunicazione ma con altre finalità.”
Un esempio?
“Recentemente abbiamo sviluppato un’etichetta per non vedenti con un QR code individuabile al tatto grazie a caratteri braille. In questo modo, inquadrandolo con gli smartphone parte una registrazione che racconta il vino: luogo di produzione, affinamento, caratteristiche organolettiche, possibili abbinamenti. In questo modo un cieco o un ipovedente potrebbero avere un aiuto importante nella scelta del prodotto e farlo autonomamente: indipendenza e dignità della persona.”
Torniamo per un attimo agli health warning. In alcuni eventi che ha organizzato alla Camera e a Vinitaly, lei ha parlato di mondo del vino sotto attacco…
“Esattamente. Mettiamo che domani le etichette delle bottiglie di vino diventino identiche a quelle dei pacchetti di sigarette. Grafici, creativi, stampatori e altre categorie della filiera diventerebbero praticamente inutili: azzerando la comunicazione visiva, annullando la brand identity, tutte queste professionalità risulterebbero inutili e inizieremmo a parlare anche di posti di lavoro persi. Demonizzare il vino non aiuterà la lotta all’alcolismo né ridurrà il numero di incidenti stradali legati alla guida in stato di ebbrezza. Bisogna fare cultura, l’unica strada è questa.”

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