chiesa e politica
Vaticano, l'ex capo-agente della Cia: "Lo scontro Trump-Bergoglio è già iniziato"
Si prevedono scintille tra Washington e il Vaticano. Il presidente eletto Donald Trump e Papa Francesco "hanno già riaffermato l’ostilità reciproca", ha rivelato Robert Gorelick, ex capocentro della Cia a Roma. L'ex agente segreto è intervenuto alla presentazione del libro di Maria Antonietta Calabrò, «Il trono e l’altare» (Cantagalli), nella sala del Centro Studi Americani. Gorelick dice di aver letto «con gli occhi della spia» e racconta che durante il suo mandato romano (2003-2008) a Washington non erano interessati alle faccende vaticane. «I miei capi mi avevano detto di non mandare relazioni sul Papa. C’è stato uno scambio di informazioni, da entrambe le parti, sui rischi per l’incolumità del pontefice, su possibili attentati. E poi su questioni umanitarie. Ma l’intelligence americana non aveva interesse a seguire gli affari interni della Chiesa».
Leggi anche: 8 per mille alla Chiesa, chiesto il rinvio a giudizio per 9 persone. C’è anche il fratello di Becciu
Gorelick ha parlato dell’ostilità tra Trump e Bergoglio, già emersa durante il primo mandato, ci sono due segnali importanti: la nomina come ambasciatore presso la Santa Sede di Brian Burch, presidente di Catholic Vote e noto critico del pontefice. Una figura vicina all’arcivescovo Carlo Maria Viganò, l’ex nunzio negli Stati Uniti accusato di scisma, scomunicato e nemico del Papa. Dall’altra parte, la recentissima nomina ad arcivescovo di Washington del cardinale Robert Walter McElroy, che aveva definito il muro al confine tra Stati Uniti e Messico voluto da Trump «inefficace e grottesco». Lo scontro insomma è già in atto, e si acuirà sulla Cina (con cui il Vaticano ha confermato l’accordo sui vescovi nell’ottobre 2024) e su Gaza. «Un punto di incontro, invece, ci potrà essere sull’approccio alla guerra in Ucraina e sulla questione dell’ideologia di genere», conclude l’ex agente segreto e generale americano.
Ma da che parte stanno i cattolici americani? «Sono più vicini a Trump che a Papa Francesco», dice l'ex capocentro della Cia a Roma. «Quando ero ragazzino a New York, i cattolici erano blue collar, operai, e la religione di appartenenza influiva: irlandesi, italiani e polacchi in certi casi formavano un blocco. Oggi no, la situazione è talmente variegata. Anche i cosiddetti latinos non sono una realtà uniforme, vengono messi insieme dalla stampa ma tra cubani e messicani o tra venezuelani e honduregni c’è grande differenza». Quando gli si chiede se Jorge Mario Bergoglio avrà un impatto sulla seconda presidenza Trump, è scettico: «Ci sarà una differenza di tono nel dialogo tra Washington e il Vaticano rispetto alla fase Biden, ma le parole del Papa non condizionano la politica estera americana. I temi su cui il pontefice può avere un impatto sono l’aborto, la migrazione e il clima. Ma bisogna ricordare che l’opinione pubblica italiana è sempre al corrente delle mosse della Santa Sede, mentre negli Usa questa attenzione non c’è», precisa Gorelick.