M. Il figlio del secolo, Giordano Bruno Guerri: "Errori e svarioni, usano un film contro gli avversari"
L’immagine del Figlio del Secolo venuta fuori nell’ultima serie, anche se ben fatta dal punto di vista cinematografico, non è credibile. È una lettura politica, di parte. Non giova all’antifascismo e non offre una lettura completa della nostra storia». A dirlo Giordano Bruno Guerri, tra i maggiori studiosi italiani del ventennio fascista. Possiamo dire che l’ultima serie ha riaperto un dibattito? «Mi compiaccio di averlo riaperto con il mio libro Benito, pubblicato da Rizzoli, che naturalmente non ha il successo di quello di Scurati, essendo un testo di storia. Detto ciò, ho alimentato un confronto, andando oltre la ritualità dello scrittore napoletano, che invece dice solo che tutto è cattivo, che gli italiani sono vittime innocenti e che dunque esiste la necessità di vigilare su un pericolo».
Esiste davvero un rischio?
«È impossibile tornare al fascismo di Scurati o meglio alla dittatura politica. Il vero fascismo, oggi, è il controllo sull’informazione da parte di alcune multinazionali, che vogliono far passare una determinata lettura per abbattere l’avversario e controllare i cittadini».
La prima puntata su “M. Figlio del secolo” e tutta la campagna pubblicitaria che l’ha preceduta, intanto, raggiunge un obiettivo: far tornare centrale un tema messo in soffitta...
«Tutt'altro che in soffitta, dove effettivamente andrebbe messo. In questa serie si sfrutta una corrente di pensiero per cui bisogna recriminare tutto, vigilare sul presente e sul futuro, come se mille ragazzi di Acca Larenzia fossero un rischio per la democrazia. La recriminazione sul passato è giusta, ma l’abbiamo già fatta. Il problema dei nostri giorni è che ancora non è stato compreso che i nostri connazionali non sono mai stati fascisti, ma piuttosto mussoliniani. Non mi risulta, per esempio, che tanti abbiano sposato la filosofia per cui “l’uomo al di fuori dello Stato non è niente”. Né hanno mai avuto la certezza di essere un popolo guerriero».
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Lo stesso Marinelli che ha interpretato il duce ha detto di non riconoscersi, talvolta, nel personaggio interpretato. La trova una normalità?
«Anthony Hopkins non si riconosceva nel cannibale del Silenzio degli Innocenti, così come i grandi attori che hanno interpretato Hitler. Interpretano un ruolo, è il loro mestiere, e più lontano è da loro più sono bravi, se sono bravi. Ragione per cui ritengo il suo prendere le distanze, ricordando la nonna antifascista, un rituale. Per intenderci, aria fritta». Ha visto la prima puntata della mini-serie? Che idea si è fatto? «L’ho vista quasi tutta e ho trovato errori, svarioni e forzature».
A cosa si riferisce?
«Il protagonista riceve una lettera di d’Annunzio con la calligrafia Mussolini. La scena, poi, del samurai è ridicola. D’Annunzio tra i suoi uomini aveva un giapponese, ma era un quieto docente dell’Università di Napoli. Le forzature, ripeto, sono tante e non legate a necessità cinematografiche».
Quale è l’idea che il regista ha voluto trasmettere?
«L’opportunismo di Mussolini. Che, per conquistare il potere, d’altronde, ha cambiato idea su tutto. Il manifesto di San Sepolcro era contro la monarchia, l’esercito, il capitale, la Chiesa e lo Stato. Non appena, però, il duce si accorse che così non sarebbe andato lontano diventò a favore di quanto criticato in precedenza. Il vero scopo di Benito, per tutta la vita, è sempre stato solo il potere. Detto ciò, condannare, in tutto, il fascismo è un errore. L’entrata in guerra, le leggi razziali sono sbagli enormi o meglio bestialità, come privare un popolo della sua libertà. Dobbiamo, però, anche dire che in quel periodo sono state fatte delle cose buone, bisogna rompere questo tabù, in favore della verità e della pacificazione: e non mi riferisco solo all’assistenza sociale, alle città nuove o alle opere pubbliche. Penso alla lotta alla tubercolosi, che solo nel 1918 fece 78mila morti».
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Si vuole utilizzare una determinata immagine per indebolire la premier?
«Si riparla molto di Mussolini da quando Meloni è al governo. Il pericolo fascista viene usato a scopo politico, sovrapponendo l’immagine del duce a quella della premier. Non credo, però, che Meloni abbia alcuna intenzione - e possibilità - dittatoriale. Da uno spirito conservatore a uno reazionario c’è un oceano».